USURA, definizione:
L'usura
(parola
latina per
interesse) è la pratica consistente nel
fornire
prestiti di denaro a
tassi di interesse considerati illegali,
socialmente riprovevoli e tali da rendere il
loro rimborso molto difficile o impossibile,
spingendo perciò il
debitore ad accettare condizioni capestro
poste dal
creditore a proprio vantaggio, come la
vendita a un
prezzo particolarmente vantaggioso per il
compratore di un bene di proprietà del debitore,
oppure spingendo il creditore a compiere atti
illeciti ai danni del debitore per indurlo a
pagare.
Precisazioni:
Ma cos’è esattamente l’usura
? È il denaro ricavato dal mero utilizzo del denaro.
Ed
Ezra Pound, da annoverare tra i grandi uomini del
‘900, bollava impietosamente taluni governi di
servilismo e di sottomissione al
signoraggio sulla moneta
esercitato dal sistema
bancario privato e dalle banche centrali da questo
controllate.
Una ragnatela speculativa dove l’esclusivo interesse
privato strangola la sovranità politica e monetaria
degli stati nazionali e l’autodeterminazione dei popoli.
Tale sistema perverso nasce in Inghilterra ad opera
dello scozzese
William Paterson, mercante, avventuriero e
banchiere.
Il 27 luglio 1694 Paterson ottiene dal sovrano
protestante
Guglielmo III d’Orange (al potere dal 1689 come re
d’Inghilterra, Irlanda e Scozia dopo la deposizione di
suo zio Giacomo II, cattolico.
Ancora oggi l’oppressione “orangista”, incentivata e
protetta da Londra, contro i cattolici repubblicani
d’Irlanda è oggetto di funesta cronaca quotidiana)
l’autorizzazione ad operare come banchiere ufficiale del
regno.
Fonderà la
Banca d’Inghilterra, prima banca di emissione
privata, che godrà così del privilegio di emettere
moneta da prestare ad usura
allo Stato (il primo prestito al governo
inglese ammonterà a 1.200.000 sterline).
Nella sua memorabile sentenza: “La banca trae beneficio
dall’interesse che pretende su tutta la moneta che crea
dal nulla” vi è racchiuso il nucleo ideologico del
significato di signoraggio sulla moneta.
È, quindi, a partire da tale
data che i governi perderanno la loro sovranità
economica e il potere di emettere moneta sarà
delegato ad una banca privata.
Non faranno ovviamente eccezione gli Usa, che nonostante
l’indipendenza dalla madrepatria proclamata con la
famosa dichiarazione del 4 luglio 1776, saranno sempre
soggetti all’usurocrazia monetaria della
Federal Reserve, divenendo ben presto il braccio
armato del liberismo mondialista.
Con due eccezioni, però, anche se di breve durata per la
tragica sorte toccata a chi osò andare controcorrente:
Abraham Lincoln e
John Fitzgerald Kennedy (NdR: tutti e due
Assassinati.....)
Tuttavia, ad onor del vero, già
Thomas Jefferson, al tempo in cui ricopriva la
carica di segretario di Stato durante la presidenza di
George Washington, si era fermamente opposto al
progetto di fondazione di una banca centrale privata (la
First Bank of the United States) caldeggiato
dall’allora ministro del Tesoro
Alexander Hamilton.
Personaggio ambiguo e contraddittorio (in origine
sosteneva esattamente l’opposto, e cioè che la cosa
pubblica non potesse essere delegata ad una banca
privata poiché questa tutelava esclusivamente i propri
interessi), l’Hamilton fu accusato di essere strumento
dei banchieri internazionali, probabilmente in combutta
con i
Rothschild, che proprio in quel periodo, per bocca
del fondatore della dinastia, l’ebreo askenazita
Mayer Amschel, memore forse della succitata celebre
frase del suo predecessore scozzese, aveva sentenziato:
“Lasciate che io emetta e controlli il denaro di una
nazione e non mi interesserò di chi ne formula le
leggi”.
Come siano andate poi le cose per il XVI e XXXV
presidente Usa è cosa tristemente risaputa.
Lincoln sosteneva che il privilegio dell’emissione della
moneta dovesse essere prerogativa esclusiva del governo
e che il denaro da padrone sarebbe dovuto diventare
servitore dell’umanità.
L’applicazione pratica di tali principi portò
all’emissione di banconote non gravate dagli interessi
da corrispondere ai banchieri privati. Il 15 aprile 1865
Lincoln veniva assassinato in un palco del teatro di
Washington.
Stessa sorte, cento anni dopo, toccava a Kennedy, il
quale, cinque mesi prima del suo assassinio,
aveva firmato l’ordine
esecutivo n. 11110 con il quale il governo aveva il
potere di battere moneta dietro copertura argentea.
Anche in questo caso lo Stato non pagava più gli
interessi alla banca di emissione privata.
Un duro colpo al signoraggio bancario che si infranse il
22 novembre 1963. Da allora nessun altro presidente Usa
si è più arrischiato a sfidare i
Signori del denaro.
By Salvatore Maiorca
Sovranita’ monetaria e Signoraggio bancario
- "DEBITO
PUBBLICO"
La competenza europea non è più Costituzionale. Possiamo rientrare, persino "legalmente".
Ciò non toglie che le regole sono state costruite raggirando i popoli, e che quindi in ogni caso i popoli hanno la sovranità necessaria per ribaltare una qualsiasi legge elitaria.
SOLUZIONE:
Dovremmo per risolvere il problema della
Sovranita' monetaria, innanzi tutto nazionalizzare le Banche
Centrali (FED + BCE, ecc.), togliendole dalle mani dei privati, cosi come la Banca Italia (NON d'Italia, perche' anch'essa in mano ai privati), poi stampare carta moneta, come
Stati uniti d'Europa (UE), pari al debito
"pubblico" delle varie nazioni UE che gli uomini
di governo dei vari stati hanno contratto (e'
tutto fatto di carta straccia, che i banchieri del mondo piazzando i loro uomini negli stati o comprandoseli...hanno fatto si che gli stati si indebitassero con loro....e quindi ci potessero tenere per le palle....ricattandoci
con il debito stesso), ed inviare la carta
moneta stampata (la parte che li compete) al Fondo monetario internazionale (il FMI e' di proprieta' dei banchieri...e' una loro creatura)contemporaneamente,
riscatta-ricompra i titoli statali emessi, che
hanno acquistato i privati, gli altri stati e le
banche) in modo da eliminare il debito, e cosi' ci riapproprieremmo degli interessi che ogni anno paghiamo (in Italia c.a. 100 miliardi di euros l'anno) e li
potremmo investire nell'industria, nel turismo,
nei servizi...e cio' per i vari stati
indebitati...
CMQ ma sara' una gara dura, perche' gli USURAI del mondo hanno i loro uomini piazzati ovunque nel mondo e nei posti chiave....che faranno di tutto per impedirci di arrivare a farlo...!
Ma noi ce la possiamo fare !
Altra proposta per la soluzione-annullamento del
cosiddetto falso
Debito Pubblico:
in circa 30 anni l'Italia ha pagato interessi
annui per il debito pubblico per un totale di
circa € 3.400.000.000.000 (3 mila quattrocento
miliardi), mentre il debito pubblico ammonta al
2014 a c.a. € 2.200.000.000.000 (duemila
duecento miliardi)
per cui sottraendo dal totale, la somma gia'
pagata, vi e' una plus valenza di c.a.
1.200.000.000.000, che le banche dovrebbero
ridarci.....ma anche se non ce li ridanno, noi
possiamo cessare di pagarle immediatamente
investendo la stessa cifra annuale di falsi
interessi, nella nostra economia....
Pagato in agosto 2018 TUTTO il cosiddetto DEBITO
PUBBLICO, ecco la descrizione dell'avvenimento
epocale !
Corte di Giustizia Europea (2015):
STOP ai pignoramenti delle prime case anche per
le Banche e le finanziarie. In allegato il testo
della sentenza in italiano
Le banche non
prestano denaro, vendono debiti...!
il denaro che inseriscono nei conti correnti dei
loro "clienti" e' creato dalla vostra firma,
quindi e' vostro, infatti quel denaro non e' nel
bilancio della banca precedentemente alla vs
firma....perche' e' vostro e non della banca,
esso e' creato per voi dalla banca proprio dal
NULLA !.....non e' suo !
......quindi NON dovete NULLA alla banca, ne'
capitale, ne' interessi !
Il documento che vi fanno firmare e' una TRUFFA
!
…fatevi furbi sono
dei CRIMINALI TRUFFATORI assieme allo…. stato
mafioso che li protegge....sulla pelle dei
sudditi SCHIAVI !
Inoltre le banche
evadono enormemente il fisco perche' immettono
le cifre del denaro che hanno emesso dal NULLA
nei loro bilanci come "debito" e non come
credito, come dovrebbe essere, ed in questo modo
non pagano le tasse sui capitali che sottraggono
con l'inganno a chi ha firmato quel fatidico
modulo, sulla cui firma hanno creato dal NULLA
il denaro per il loro cliente che in realta’ e’
suo REGALATO dal NULLA.
QUINDI Sono anche dei LADRI ! ed EVASORI
mostruosi ! e non pagano neppure I'VA sul
servizio fatto....
Creazione del
denaro dal nulla:
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1057521914001070
I mutui
bancari sono una FRODE: come difendersi ?
http://marcodellaluna.info/sito/2015/07/26/i-mutui-bancari-sono-una-truffa-come-difendersi/
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L'USURA nel MEDIOEVO Europeo
Il nostro
viaggio parte da due posizioni ben distanti e
distinte: l'usurai e il banchiere. Secondo il
deuteronomio, si potevano prestare soldi
solo agli stranieri, e non agli amici. Così
facevano gli ebrei sotto il precetto del: «mutuum
date, nihil inde sperantes».
Se per Benjamin
Nelson, eravamo tutti "fratelli", in quanto
tutti sono ugualmente "altri", gli stranieri del
deuterinomio, quindi diventano tutti, e
quindi è perfettamente legittimo pretendere gli
interessi. Tuttavia, questa disquisizione sul
chi fosse un "fratello" o meno è alquanto
irrisoria; alla fine, il limite tra usura e
prestito era molto labile. Tutti infatti
potevano applicare tassi che volevano, a farne
usura o meno era il nome, il prestigio sociale,
che agli "strozzini" era precluso.
Quando il
ruolo di banchiere (Banchiere,
proprietario o azionista di una Banca) e di usuraio
(colui che pratica l'usura) non erano ancora
ben definiti, infatti, in gioco veniva messa l'onorabilità
e il prestigio sociale delle persone. In poche
parole, a far lecito un tasso, erano le persone
che lo promuovevano, e non come accade oggi,
l'esatto contrario.
Fino al trecento, ogni utile
ricavato dal creditore, che accedesse la sors
(oggi "rendita"), cioè il capitale mutuato, era
definito "usura". E l'usura era lecita, secondo
il Corpus iuris civilis (528-533) che
ancora era in vigore, e studiata anche nelle
università di Bologna a partire dalla fine del
XII secolo. Nel codice di Giustiniano però non
vengono dati tassi limite d'usura, ma dava una
linea guida dove era sancito un tasso del 1%
mensile, che diventava del 12% annuo.
Anche se,
tassi maggiori non erano considerati illeciti se
veniva stipulato un patto antecedente dalle due
parti; il pactum usurarum. In linea di
massima in quasi tutti gli statuti comunali,
redatti nei primi del duecento, il tasso lecito
di limite massimo di interesse lecito, oscillava
tra il 10 e il 20% annuo.
Premessa
Se accettiamo l'idea che il capitalismo
commerciale sia nato prima di quello
industriale, stando bene attenti a non
confondere le due formazioni economiche, allora
dovremmo anche accettare l'idea che il
cattolicesimo-romano dell'epoca basso medievale
ha contribuito enormemente, nonostante in genere
appaia il contrario, allo sviluppo della prima
forma di capitalismo.
Infatti l'Italia cattolica della seconda parte
del feudalesimo, quella che va dal Mille alla
scoperta europea dell'America, fu
caratterizzata, al pari delle Fiandre, da una
fiorente attività commerciale, invidiata da
tutta Europa, un'Europa che sarebbe diventata
"protestante" solo molti secoli dopo.
Se le cose stanno così è forse riduttivo
sostenere che l'etica economica medievale, qui
gestita dalla sola chiesa romana nella parte
occidentale dell'Europa, fu di tipo
"concessivo", nel senso che tendeva
progressivamente ad adeguarsi alle spinte
borghesi che emergevano "ad extra" del proprio
perimetro d'azione, delle proprie concezioni e
dei propri stili di vita.
In realtà l'etica economica basso medievale fu
anche il risultato di determinate posizioni
politiche e ideologiche che la chiesa romana
assunse "ab intra", posizioni orientate verso la
rottura dei tradizionali legami comunitari
(ereditati dal mezzo millennio dell'alto
Medioevo), verso l'affermazione di un
temporalismo teocratico e, all'interno di
questo, verso la supremazia autoritaria, sempre
più monarchica, del pontefice su ogni altra
istanza ecclesiale.
Lo sviluppo dei rapporti mercantili-monetari,
chiaramente di tipo borghese, in cui il denaro
diventava equivalente universale di tutti gli
scambi, fu conseguenza indiretta di un
mutamento di mentalità e quindi di posizione
politica che avvenne all'interno della chiesa di
Roma a partire sostanzialmente dalla
costituzione del Sacro Romano Impero e
proseguita sino alla nascita dei Comuni, alla
riforma gregoriana e alla lotta per le
investiture, all'inizio delle crociate nel
Vicino Oriente e nei paesi Baltici, alla
riscoperta accademica dell'aristotelismo e allo
sviluppo della scolastica, all'eliminazione del
dissenso ereticale dei movimenti pauperistici e
alla rottura definitiva nei confronti della
tradizione greco-ortodossa e bizantina.
Se questa tesi è vera, la storia del basso
Medioevo va in parte riscritta, poiché stando ai
documenti ufficiali dell'epoca e in genere alle
tesi principali dei maggiori medievisti, la
chiesa romana non appare come un fattore
propulsivo del mercantilismo, ma semmai come
un freno. Ed indubbiamente è stato così
nella maggior parte dei paesi euroccidentali di
quel periodo storico.
Non tuttavia in Italia.
Non a caso qui i grandi traffici commerciali
fanno nascere quelle grandi rivoluzioni
culturali che passano sotto il nome di realismo
giottesco, di umanesimo nel pensiero e di
rinascimento nelle arti.
Le Goff, Capitani ecc., sostengono che il
mercantilismo, nato al di fuori delle
tradizionali abitudini e competenze della chiesa
romana, fu inizialmente tollerato in quanto non
ritenuto particolarmente pericoloso per i
criteri di vita della società feudale, tanto che
l'etica economica medievale si configura come
un'etica "concessiva", disposta ad adeguarsi in
maniera relativa al mutamento delle circostanze.
Solo che ad un certo punto la situazione assunse
degli sviluppi che sfuggirono al controllo della
chiesa, e in questa incapacità politica delle
gerarchie i medievisti laici vedono in genere un
fattore di progresso per lo sviluppo
dell'Europa, in particolare per quelle classi
sociali che la stavano portando al di fuori dei
cosiddetti "secoli bui".
Qui sarebbe bene fare una puntualizzazione di
metodo storiografico. Ci rendiamo conto che
sarebbe ingenuo pensare di poter trovare un
riscontro esplicito alla tesi che vogliamo
sostenere nei documenti ufficiali dell'epoca,
non foss'altro che per una ragione: le fonti
storiche, specie quelle scritte, spesso servono
non per svelare ma per nascondere
la realtà.
Fa specie, in tal senso, vedere come Le Goff
definisca il secolo XIII con l'espressione
"secolo della giustizia", solo perché i
canonisti avevano equiparato "il furto usurario"
a un "peccato contro la giustizia".
Ormai
dovrebbe essere ritenuta pacifica la tesi
secondo cui un periodo storico non può essere
interpretato sulla base della concezione che
esso ha di se stesso (e questo ovviamente vale
anche per una persona o per una classe sociale).
Il passato non è più comprensibile del presente
solo perché è "passato". Esistono sempre margini
tali di ambiguità che nessuna fonte storica è in
grado di colmare. Pensare di poter ricostruire
delle vicende passate sulla base delle fonti
storiche prodotte nello stesso periodo in cui
sono avvenute quelle vicende, è pura illusione.
Peraltro nel Medioevo i falsi elaborati dal
clero, regolare e secolare (l'unico ceto in
grado di poterlo fare), non sono pochi, per cui
le fonti scritte meno di altre possono servire
per ricostruire quelle vicende storiche e
comprendere le motivazioni che ne hanno
determinato lo svolgersi.
Lo stesso vale per il presente. Infatti, anche
se è vero che la lettura e la scrittura
riguardano la stragrande maggioranza delle
persone (almeno nei paesi industrializzati), è
però anche vero che nelle civiltà antagonistiche
le opinioni dominanti sono soltanto
quelle espresse dai poteri dominanti,
politici ed economici, che tutelano interessi di
una ristretta minoranza di persone.
Se fra mille anni gli storici che vorranno
comprendere la realtà dell'attuale Terzo Mondo,
si baseranno unicamente sulle fonti reperite nei
paesi capitalisti, di quella realtà non
capiranno assolutamente nulla, e non capiranno
nulla neppure se useranno le fonti di quei
potentati che in questo momento sono presenti
nello stesso Terzo Mondo.
L'usura e l'etica economica medievale
Prima di procedere nella disamina dell'argomento
in oggetto, è bene precisare che qui si ha
intenzione di rispondere a quattro precise
domande.
Nel Medioevo:
I -
qual era l'atteggiamento che la chiesa aveva
nei confronti dell'usura ?
II -
l'usura quando è diventata un grave
problema ?
III -
quando si è cominciato a giustificarla ?
IV -
l'usura ha davvero favorito la nascita del
capitalismo ?
Concluderemo poi la trattazione con delle
considerazioni finali.
I -
CHIESA
cattolica e cristiana ed
usura
Periodo Alto Medievale
L'atteggiamento che ha avuto la chiesa cristiana
nei confronti dell'usura teoricamente è sempre
stato piuttosto netto, sicuramente più netto di
quello della cultura ebraica, che poneva il
divieto entro i confini del solo giudaismo, tra
aderenti alla medesima confessione ebraica, ma
lo tollerava tranquillamente nei rapporti con
gli stranieri di religione pagana (cfr Dt 28,12;
23,20; Es 22,24; Lv 25,35 ss; Sal 15,5; Pr 28,8;
Ez 18,13ss; 22,12 ecc.).
Sappiamo comunque che anche il divieto ebraico
restava un lontano ideale, in quanto la Legge in
più punti prescriveva dei limiti al creditore
nell'esigere pegni (cfr Es 22,25; Am 2,8; Gb
24,3.9; Dt 24,6; 24,10), proprio per non far
diventare il povero lo schiavo di un proprio
connazionale (cfr Lv 25,39ss; Am 2,6; Ne
5,1-13).
D'altra parte i tassi praticati da Israele non
superavano mai quelli delle civiltà ad essa
coeve (p.es. nel codice Hammurabi si arriva fino
a 50-70%).
Nel periodo ellenistico si arrivò (se si esclude
l'Egitto dove rimase al 24%) a un tasso
ragionevole dell'8-10%. Nel I secolo d.C. un
decreto imperiale lo fissò al 12% nelle province
d'Asia.
Nella legislazione giustinianea troviamo
i primi “massimali” relativi all'usura su base
annua: i senatori non potevano chiedere più del
4%, la maggior parte della popolazione non
poteva chiedere più del 6%, gli uomini d’affari
non potevano superare l’8%; ma per i prestiti
marittimi, ad alto rischio, si poteva giungere
sino al 12%.
Sotto l'imperatore Niceforo (802-811) si proibì
ai sudditi di riscuotere interessi: solo lo
Stato poteva farlo al 16,66%. Anche Basilio I
(867-86) proibì l'usura.
E’ evidente che con queste misure si tentava di
salvare capra e cavoli: da un lato si
scoraggiava la partecipazione dell’aristocrazia
al mercato dei capitali, dall’altro si
permetteva che venissero richiesti interessi
superiori al 6% generalizzato, al fine di
incoraggiare le spedizioni a rischio.
Tuttavia nell'XI il tasso ufficiale d'interesse,
ch'era andato aumentando progressivamente in
base al corso della moneta, arrivò al 5,5% per
le persone di alto rango, al 8,33% per la
maggior parte della popolazione e al 11,71% per
gli uomini d'affari.
Questo significa che, malgrado la condanna
religiosa del prestito ad interesse, gli
imperatori bizantini, realisti, non tentarono
mai seriamente di proibirlo; piuttosto, scelsero
di autorizzarlo per meglio controllarlo. Quanto
alla chiesa, essa si limitava a condannare gli
ecclesiastici che la praticavano.
Ostrogorsky afferma che "sebbene l'usura fosse
contraria alla moralità medievale, la
proibizione di prestare a usura era molto rara a
Bisanzio. Le esigenze dell'economia monetaria,
molto sviluppata nell'impero, ignoravano i
precetti della morale e il prestito a usura era
stato in ogni tempo molto diffuso a Bisanzio"(Storia
dell'impero bizantino, Einaudi, p. 171).
Generalmente l'usura si forma quando si è in
presenza di un'economia mercantile e di
antagonismi sociali. Il fatto che l'usura avesse
dei tassi ufficiali regolamentati dallo Stato
può far pensare anche al fatto, oltre al
mercantilismo e alle classi contrapposte, vi
fosse da parte delle istituzioni il tentativo di
far valere alcuni valori etico-religiosi volti a
impedire che il fenomeno dilagasse.
Non c'è fonte patristica, latina o greca, che
non condanni decisamente il fenomeno dell'usura.
La prima condanna la troviamo in Clemente
Alessandrino (Paedagogus, 1,10 e Stromata
2,19), ma subito dopo gli fanno eco
Tertulliano (Adversus Marcionem, 4,17),
Cipriano (Testimoniorum libri III ad
Quirinum, 3,48), Commodiano
(Instructiones 65), Lattanzio
(Institutiones divinae, 6,18), Ilario
(Tractatus in Ps XIV 15), Ambrogio (De
Off. II,3, De Bono Mortis 12,56, De Nab. 4,15,
Epistola 19 e De Tobia 42), Girolamo (In
Ez. Commentarii 6,18), Agostino
(Ennarationes in Ps. XXXVI, sermo 3,6; 38,86 e
De baptismo contra Donatistas 4,9), Leone
Magno (Ep. IV e sermo XVII).
In particolare
Girolamo sosteneva che il divieto
dell'usura tra "fratelli (ebrei)" (Dt 23,20) era
stato "universalizzato" dai profeti e dal Nuovo
Testamento, e tuttavia non si diffonderà mai in
occidente un'interpretazione universalistica
della parola "fratello", poiché anche quando si
comincerà a parlarne, nei secoli XII e XIII, lo
si farà in maniera del tutto astratta e
convenzionale, in riferimento ai
cattolici-romani sparsi nel mondo, certamente
non in riferimento ai cristiani ortodossi né
tanto meno ai musulmani, nei confronti dei
quali, proprio in quei secoli, sarà durissima la
contrapposizione ideologica, politica e
militare.
Per non parlare dei padri greci: Basilio
(Homilia II in Ps XIV), Gregorio Nazianzeno
(Or. 16,18), Gregorio Nisseno (Ep. ad
Letoium, Contra usurarios, Homilia IV in
Ecclesiastem), Giovanni Crisostomo
(Homilia LVI in Mt, Homilia XVI in Gen, Hom.
XIII in 1 Cor, Hom. X in 1 Tess.). E non si
devono dimenticare il canone 20 del concilio di
Elvira (300), Arles (314), Nicea (325) e Clichy
(626).
Tra i padri latini bisogna spendere una parola
per Ambrogio, il quale pur dipendendo da
Basilio, se ne discosta su due punti
fondamentali (nel suo De Tobia, a cura di
M. Giacchero, Genova 1965): 1) accetta che
l'usuraio faccia il prestito a condizione che il
beneficiario possa disporre del denaro come
vuole, possa cioè investirlo, restituendo la
somma con gli interessi solo una volta ottenuta
una rendita dal proprio investimento; 2) nei
confronti dello straniero, nemico di guerra,
egli permette che si esiga l'interesse sul
debito quando lo straniero non può essere
facilmente vinto in guerra o quando lo si
potrebbe uccidere senza compiere un delitto,
secondo il principio "dov'è il diritto di
guerra, lì è anche il diritto di usura": col che
egli poneva un'adesione pressoché letterale, e
certamente poco cristiana, al dettato
veterotestamentario. Ambrogio non intenderà mai
la parola "fratello" in senso universalistico.
Periodo Basso Medievale
Nell'età carolingia Rabano Mauro
(784-856) proibisce l'usura fra cristiani, siano
essi laici o ecclesiastici, ma nei confronti
degli infedeli o dei criminali ritiene giusto
l'interesse "spirituale" (il pentimento, la
fede, la conversione...), come "compenso" per le
spese sostenute per la predicazione loro rivolta
della parola di dio.
Coll'inizio delle crociate si comincia a
sostenere in Italia che si può chiedere usura ai
musulmani, anche se questo avrebbe potuto voler
dire per i musulmani impiegare i capitali
ricevuti contro gli interessi dei cristiani.
D'altra parte durante le crociate l'usura ebbe
grande diffusione, tanto che già alla fine del
XII sec. gli usurai cristiani erano di molto
superiori a quelli di origine ebraica. Tra il
Mille e il XIII secolo il tasso annuale che gli
ebrei in Francia non devono superare era del
33,5%. Analogamente a Firenze, Milano, Pistoia,
Lucca il tasso medio annuo si aggirava sul 30%
(in Inghilterra invece andava dal 12 al 33%).
Anche nell'area bizantina nell’XI secolo si
passa ad una scala diversa e più elevata dei
tassi usurari: per i senatori il 5,55%, per la
gente comune il 8,33%, per gli uomini d’affari
l’11,71%, per i prestiti marittimi il 16,66%. I
medesimi tassi resteranno in vigore nel corso
del XII secolo.
Ma Catacolone Cecaumeno, duca di
Antiochia caduto in disgrazia, militare e
aristocratico, continua a tuonare contro il
prestito a interesse. Il vecchio generale
approvava soltanto il prestito finalizzato al
riscatto dei prigionieri (che tra l’altro era
l’unico motivo che giustificasse la vendita di
beni ecclesiastici) e condannava tutte le altre
forme di prestito: per ricavarne interessi; per
ricavarne guadagni illeciti (quindi sono da
evitare anche le associazioni d’affari); per
guadagnare i favori di una donna; per favorire
chi vuole appaltare un posto
nell’amministrazione o chi vuole acquistare
schiavi o terreni...
Per tutto il basso Medioevo schiere di teologi e
canonisti favorevoli o contrari all'usura si
dividevano sulla questione di sapere a chi essa
fosse rivolta: infatti, quanti appoggiavano
l'idea clericale di un'affermazione temporale
della chiesa non avevano dubbi nel ritenerla
lecita nei confronti degli stranieri, degli
infedeli, dei nemici di guerra e della chiesa
romana in generale; quanti invece affrontavano
l'argomento in chiave puramente etica, erano in
genere contrari a qualunque forma di usura, che
veniva paragonata a una sorta di "furto" e a
volte persino di "eresia".
Tra i seguaci del primo atteggiamento si
annoverano:
Graziano (1140), Pietro
Comestore (m. 1179) e Guglielmo di
Auxerre (m. 1230), che giustificavano in
qualche modo l'usura praticata dai cristiani nei
confronti degli stranieri o dei nemici, dicendo
che anche il Vecchio Testamento aveva permesso
la stessa cosa agli ebrei, al fine di evitare
che la praticassero tra loro; Alessandro di
Hales (m. 1249), per il quale non si può
riconoscere il diritto di proprietà a chi può
essere legittimamente ucciso, per cui l'usura
non può essere considerata un furto; papa
Alessandro III (1159); Bernardo da Pavia
(m. 1213); Uguccione (1188); Giovanni
Teutonico (1216); Enrico Bohic
(1340).
Tra i seguaci del secondo atteggiamento troviamo:
Anselmo d'Aosta (1033 - 1109), Pietro
Lombardo (1100-1160) che paragonano l'usura
al furto; Pietro Cantore (m. 1197) che
accusa principi e prelati cristiani di non avere
scrupoli nel servirsi dei prestiti a interesse
da parte degli usurai cristiani; Alberto
Magno (1193-1280), Tommaso d'Aquino
(1225-74), Raimondo da Peñafort (1234),
Ostiense (1271) e Guglielmo Durand
(1237-96), per i quali l'usura andava proibita
anche agli ebrei.
Quanto ai concili ecclesiastici bisogna dire che
mentre il Lateranense II (1139) è ancora
fermo nel condannare teoricamente l'usura
(l'usuraio cristiano non pentito è indegno dei
sacramenti e del funerale religioso), il
Lateranense III (1179), costatando che molti
cristiani abbandonavano i loro mestieri per
diventare usurai, condanna soltanto i veri e
propri "professionisti" dell'usura, quelli che
campavano facendo questo mestiere, non quindi
gli usurai occasionali, mentre il Lateranense
IV (1215) pone per la prima volta una netta
distinzione tra "usura", sempre vietata, e
"interesse", lecito entro tassi ragionevoli,
impedendo però ai cristiani di commerciare con
ebrei usurai. In questo concilio si riprendono
termini più in uso nella giurisprudenza romana
che in quella alto medievale.
Il II concilio di Lione (1274) e il
concilio di Vienne (1311) ribadiscono la
condanna dell'usura, anzi minacciano la
scomunica a quei capi di Comuni o di Stati che
la tollerano nei loro territori.
II - Il problema
dell'usura ovvero quando l'usura diventa un
problema
Situazione generale
Le condanne dell'usura cominciano a inasprirsi
tra la metà del XII secolo e la metà del XIII.
L'usura scoppia praticamente subito dopo il
Mille, ma le premesse "ideologiche" non
"materiali" per la sua affermazione erano già
latenti nell'alto Medioevo, in concomitanza con
la costituzione illegale del Sacro Romano
Impero, in opposizione a quello del basileus di
Costantinopoli, che determinò la corruzione del
clero, lo smantellamento delle tradizioni
bizantine, la revisione profonda di principi
conciliari (il
Filioque)
e di prassi ecclesiali, sino alla rottura
definitiva, con le reciproche scomuniche, del
1054, anticamera dello scatenamento delle
crociate anche in funzione anti-ortodossa.
In questa situazione di lassismo etico e di
revisionismo ideologico (cui si cercherà di
porre rimedio con l'integralismo
politico-religioso della riforma gregoriana), fu
facile agli ebrei, soggetti già a molte
discriminazioni, approfittare del fatto che la
legislazione vigente non colpiva direttamente la
loro categoria. Se fino ad allora l'usura non
aveva attecchito in misura significativa, era
stato semplicemente perché l'economia rurale
basata sull'autosussistenza, in una neonata
società cristiana, la rendeva assai poco
praticabile. Certo, poteva accadere che durante
un periodo di carestia, usuraio fosse anche chi
non esitava a vendere i beni di prima necessità
a prezzi esorbitanti, magari dopo aver tenuto la
merce nascosta dolosamente, nell'attesa
fiduciosa del rincaro dei prezzi.
Tuttavia anche dopo la riforma gregoriana la
condanna dell'usura si porrà più che altro sul
terreno delle enunciazioni teoriche (la
proibizione di vendere il tempo o di far
generare denaro dal denaro, sterile per
definizione, ecc.), cui si riuscirà a dare un
seguito pratico solo nei confronti degli ebrei,
facilmente individuabili e legalmente poco
tutelati. Gli ebrei venivano condannati anche
perché erano visti dagli usurai cristiani come
dei concorrenti. Non a caso già nel XIII secolo
si afferma il principio che l'usura è
semplicemente "un peccato contro il giusto
prezzo", quello di mercato, ovvero che è un
interesse esagerato, dettato dalla personale
cupidigia.
All'usuraio, che specula sul denaro, si tende
sempre più a opporre il mercante, che guadagna
legittimamente coi commerci.
Si accetta
tranquillamente, nel XIII secolo, il fatto che
il lavoro (quello ovviamente mercantile) sia a
fondamento della ricchezza e si rifiuta l'usura
in quanto guadagno senza lavoro.
L'antisemitismo apparso nei secoli XII-XIII è
una conseguenza del fatto che alle
contraddizioni del capitalismo commerciale non
si sa opporre altra soluzione che quella di
criminalizzare singole categorie di persone. Gli
ebrei, pur essendo economicamente forti, erano
politicamente molto deboli, per cui era molto
facile far passare la loro situazione
finanziaria come un privilegio ingiustificato.
Tant'è che mentre gli usurai cristiani venivano
processati in tolleranti tribunali
ecclesiastici, quelli ebrei invece erano
sottoposti ai più severi giudizi dei tribunali
laici.
I sovrani infatti, che pur ricorrono
abbondantemente a prestiti usurari, possono
espropriare gli usurai come e quando vogliono,
sicuri di non incorrere in sanzioni
ecclesiastiche.
In generale tuttavia la condanna dell'usura, in
tutto il basso Medioevo, è più teorica che
pratica, anzi forse è tanto più teorica quanto
meno è pratica.
Gli italiani in particolare erano dei
grandissimi usurai, i toscani, i vicentini ma
soprattutto i lombardi, che vivevano negli
attuali Piemonte, Lombardia ed Emilia e che
provenivano dai ceti dirigenti dei maggiori
Comuni italiani. Costoro erano usi a frequentare
i periodici incontri commerciali che dalla
seconda metà del XII secolo si tenevano in quei
centri della francese Champagne in cui confluiva
la produzione francese e fiamminga. E lì
cominciarono a praticare non solo il commercio
delle mercanzie ma anche quello del denaro,
finché ad un certo punto si specializzarono
nella sola attività creditizia, che rendeva
molto di più.
All'inizio la loro attività fu resa necessaria
dal fatto che esistendo numerosissime monete,
occorrevano esperti in grado di cambiarle,
assegnando a ciascuna moneta il giusto valore.
In seguito, nonostante i divieti canonici, essi
si trasformarono in veri e propri usurai,
dotati, a differenza degli ebrei, di ampi
diritti civili e politici, in quanto cittadini
di autonomi Comuni italiani.
Ed erano usurai legalizzati, in quanto
detenevano il monopolio di un'attività permessa
dalle autorità pubbliche.
L'attività del banco
si esplicava principalmente nel prestito su
pegno, fissato a scadenza settimanale e di
solito prorogato per un anno. I tassi variavano
a seconda del cliente e del tipo di pegno e non
erano certo bassi, se è vero che in Borgogna nel
1390-91 i lombardi furono costretti dal sovrano
Filippo l'Ardito a restituire tutti i pegni,
annullando i debiti dei loro clienti.
I re francesi (p.es. Luigi IX nel 1258 e 1268,
ma anche Filippo il Bello nel 1291) spesso li
cacciavano dal regno, requisendo tutti i loro
beni, ma poi, dietro pagamento di una forte
tassa, li riammettevano tranquillamente. E se le
tasse erano insostenibili, i lombardi
preferivano trasferirsi altrove, sicuri di poter
continuare meglio i loro affari. A Treviri, nel
1262, furono addirittura accolti
dall'arcivescovo !
Nella seconda metà del XIII secolo, dopo aver
largamente frequentato territori come la
Borgogna, l'Alsazia e la Lorena, la valle della
Sarre, il Brabante, il Lussemburgo e altri
ancora, si insediano stabilmente, sino all'età
moderna, nelle Fiandre, uno dei principali
centri industriali e commerciali del Nord
Europa. Ma bisogna dire che per tutto il '300
non c'è regione europea che non abbia conosciuto
la frenetica attività degli usurai e cambiatori
italiani.
Le prime serie misure contro questi usurai
furono prese con l'istituzione dei Monti di
Pietà, agli inizi del '500. Ma nelle Fiandre
(Paesi Bassi) tali Monti furono
istituzionalizzati solo nel 1618, dopo che s'era
tentato, invano, di far abbassare i tassi degli
usurai lombardi dal 33% al 22%. Qui infatti i
lombardi erano diventati consiglieri di conti,
ricevitori generali delle finanze pubbliche,
abili precettori d'imposte e zecchieri, per non
parlare dei titoli nobiliari ch'erano riusciti
ad acquistare e a trasmettere alla loro
discendenza.
Non dimentichiamo che le Fiandre furono
all'origine della trasformazione
dell'Inghilterra da paese feudale a paese
capitalistico.
[Per la stesura di questo paragrafo ci si è
avvalsi di un contributo trovato nel seguente
sito:
www.villaggiomondiale.it.
Trattasi di un estratto da una tesi di laurea
della dr.ssa
Daniela Capone,
avente come tiolo "Profili
dell’usura e della polemica antiebraica nel
Rinascimento. Il mercante di Venezia di
Shakespeare".
Le parti utilizzate sono state poste tra
parentesi quadre.]
Situazione degli ebrei
[A partire dal XII secolo, si assiste, in Europa
occidentale, a uno straordinario diffondersi
dell'usura tra gli ebrei: l’usuraio è di norma
un ebreo, e la parola “ebreo” acquista il
significato di “usuraio”. Gli ebrei prestano
denaro ai governi per i loro eserciti e le loro
funzioni, ai nobili per i loro lussi, ma anche
alle classi più modeste, artigiani e contadini e
perfino alle abbazie e ai conventi.]
[In tutta Europa, la loro condizione sociale è
quella di “servi della corte del re” (“servi
camerae regis”); secondo la legge inglese sono
considerati parte integrante dei beni del
sovrano; in Germania gli imperatori del Sacro
Romano Impero rivendicano sui loro averi diritto
di proprietà assoluta, con la facoltà di
espellerli, venderli o darli in pegno; mentre in
Francia, a norma degli Statuti di San Luigi re
(1270), i giudei sono di proprietà dei nobili
nel cui territorio risiedono.]
[Per legge, gli ebrei potevano soltanto
esercitare taluni mestieri manuali, quali quelli
dell’artigiano (fabbro, sarto, muratore,
tessitore, vasaio, ecc.), alcune occupazioni del
settore terziario (osti, librai, scrivani,
ecc.), ma non potevano svolgere alcuna libera
professione, salvo quelle di medico, prestatore
di denaro, coniatore di monete e importatore di
spezie.]
[Anche se il mestiere di usuraio non era scevro
da gravi pericoli, sia per l’incerto status
sociale dei giudei, sia perché i debitori spesso
tendevano a sottrarsi ai loro impegni
contrattuali fomentando l’antisemitismo e le
persecuzioni razziali, gli ebrei avevano buoni
motivi per farsi usurai.]
[Anzitutto, non essendo cristiani, non erano
toccati dal divieto della Chiesa e non avevano
nulla da perdere; in secondo luogo, soggetti
com’erano a persecuzioni, sopraffazione e
soprusi d’ogni genere, erano naturalmente
portati a scegliere un mestiere i cui profitti
fossero facili a nascondersi e a trasferirsi; in
terzo luogo, la strettezza dei rapporti che
intrattenevano con i loro correligionari non
solo in Europa ma anche nelle contrade islamiche
rendeva loro più agevole procurarsi e scambiarsi
la valuta occorrente per grosse operazioni
finanziarie. Gli ebrei, esercitando l’usura,
soddisfacevano un bisogno reale della società,
in un’Europa che stava passando da un’economia
di mera sussistenza a un’economia che richiedeva
un maggiore uso di denaro, bene che allora era
assai scarso.]
[Esposti a infamanti accuse d’avvelenamento e
d’omicidio rituale, sempre minacciati di
repentina espulsione, privati perfino del
diritto alla vita, gli ebrei erano indotti a
vedere nel denaro la sola arma di difesa, anzi,
una cosa dotata di valore sacro. Era col
prestito di questa cosa preziosa, il denaro, che
gli ebrei si guadagnavano da vivere, anche se
non è da credere che tutti accumulassero ingenti
fortune.]
[I tassi applicati ai prestiti erano spesso
alti, ma soprattutto variavano in modo
considerevole da luogo a luogo. Allora come ora,
l’entità del saggio d’interesse era indicativa
dello stato dell’economia di un paese: per
esempio, il tasso praticato nella Repubblica di
Venezia, che oscillava tra il 5 e l’8 per cento,
era prova della floridezza della Serenissima,
mentre un tasso assai elevato, come quello
massimo in uso in Austria verso la metà del XIII
secolo denunciava il sottosviluppo di quel
paese.]
[Essere usuraio era a quel tempo una cosa
estremamente scomoda: l’usuraio si trovava
costantemente tra due fuochi: la Chiesa e lo
Stato.]
[La Chiesa si sforzò di cristianizzare la
società e lo fece con metodi consueti ai
potenti: il bastone e la carota. Il bastone fu
satana e il diavolo fu razionalizzato e
istituzionalizzato dalla Chiesa e cominciò a
funzionare bene intorno all’anno Mille.]
[La carota fu il purgatorio; in altre parole,
l’usuraio non aveva che una scelta: se sceglieva
il profitto usuraio, che gli consentiva di
vivere e prosperare, cadeva nelle grinfie del
diavolo e optava per l’inferno e la dannazione
eterna; se invece, anche solo in punto di morte,
si pentiva sinceramente e restituiva il
maltolto, la sua anima andava in purgatorio. La
via del purgatorio, però, era tutt’altro che
agevole; infatti, sovente l’usuraio moriva di
morte improvvisa, ovvero perdeva la parola
quand’era vicino alla resa dei conti con Dio, e
comunque non riusciva a confessare i suoi
peccati.]
[Tutto ciò quanto al destino della sua anima;
quanto al suo corpo, ci pensava il potere
temporale a sistemarlo a dovere. “Usurai ebrei e
stranieri dipendevano dalla giustizia laica, più
dura e repressiva. Filippo Augusto, Luigi VIII e
soprattutto San Luigi emanarono una legislazione
assai dura nei confronti degli usurai ebrei,
contribuendo così a fomentare l’antisemitismo
già assai diffuso fra la popolazione”.]
[Come ben sappiamo, la Chiesa aveva da tempo
tassativamente proibito ai cristiani, religiosi
e laici, d’esercitare l’usura, dando inoltre
facoltà ai preti d’esimere i debitori dal pagare
interessi, come pure d’indurre gli usurai,
spesso in punto di morte, a rendere ai debitori
le somme percepite come interessi sui mutui,
ovvero a farne donazione alla Chiesa stessa.]
[Questa, intanto, rimaneva ferma sulle sue
posizioni dottrinali; anzi, a partire dall’XI
secolo, calcò sempre più la mano sui divieti e
sulle pene da comminare ai trasgressori. Il
divieto del prestito a interesse si fece
assoluto in concomitanza con lo sforzo di
attuare il progetto ierocratico dei papi,
progetto che tendeva alla “clericalizzazione
della società dei fedeli”, e che inevitabilmente
produsse l’irrigidimento delle norme
antifeneratizie.]
[Quale sia nei primi secoli dopo il Mille
l'origine dello stereotipo dell'"ebreo usuraio",
quello stereotipo che si trasformerà poi in
pregiudizio e sarà una delle giustificazioni
dell'antisemitismo, è dunque il risultato di un
contrasto, allora insanabile, tra la Chiesa e la
comunità ebraica.]
[La Chiesa fra il Due e il Quattrocento fissò
una netta distinzione fra usura e credito e
identificò come usura solo il prestito a
interesse su pegno gestito pubblicamente. Gli
ebrei ebbero il ruolo di usurai non perché
effettivamente monopolizzassero il mercato del
denaro, ma per due ragioni principali:
-
le loro attività economiche, qualunque fossero,
erano identificate dal mondo cattolico come
"usuraie" perché praticate da "infideles",
ritenuti incapaci in quanto tali di intendere il
senso spirituale delle Scritture e, di
conseguenza, ritenuti estranei, in quanto
"carnales", ossia non convertiti e ostinati nel
proprio errore; inoltre l'effettiva presenza di
prestatori su pegno ebrei nelle città italiane
alla fine del Medioevo, anche se promossa e
sollecitata dalle città stesse, confermò
l'immagine precedente e consentì all'attenzione
pubblica di distogliersi dal contemporaneo,
forte sviluppo della banca cristiana, che nella
realtà andava monopolizzando i circuiti del
denaro in tutta Europa.]
[Si giunse così, nel 1215, in occasione del
quarto Concilio Lateranense, alla descrizione
dell'usura come di un comportamento tipicamente
ebraico e specificamente mirato ad indebolire
economicamente la società cristiana e le
chiese.]
[Il Concilio Lateranense II (1139) confermava la
scomunica degli usurai; nel III Concilio
Lateranense (1179) il prestito a interesse
veniva di nuovo condannato con la massima
severità, mentre col IV Concilio di Lione (1214)
papa Gregorio X chiamava i cristiani a fare ogni
sforzo per porre termine alla pratica
dell’usura; l’anno dopo, Innocenzo III imponeva
ai giudei l’obbligo di portare sul petto il
distintivo della loro condizione di emarginati o
di mettere in capo un berretto giallo
(disposizione che però non fu sempre
rigorosamente applicata a Roma e, in genere, in
Italia).]
[Questi severi provvedimenti delle somme
autorità religiose, ovviamente supportate dal
“braccio secolare”, rendevano pericoloso
l’esercizio dell’usura da parte dei cristiani;
mentre come si è detto per gli ebrei, popolo
reietto e abbandonato dal Dio cristiano, non
avevano nulla da perdere, né sulla terra né in
cielo, essendo già, salvo il caso di pronte
conversioni alla vera fede, predestinati alla
dannazione eterna.]
[Accadeva così che gli usurai ebrei, ancorché
odiati e disprezzati, fossero preferiti agli
usurai cristiani, i quali, correndo rischi anche
più gravi dei giudei, praticavano spesso tassi
d’interesse più esosi.]
[Col progredire dei traffici, il numero dei
cristiani che osavano praticare l’usura era
andato crescendo di continuo.]
[A peggiorare la situazione si aggiungeva questa
complicazione: i re di Francia, di Spagna,
d’Inghilterra e così via, non solo pretendevano
denaro a prestito dagli ebrei per le loro
guerre, le sante crociate, le opere pubbliche,
ecc., ma imponevano loro pesanti taglieggiamenti
sotto forma di tasse sui proventi dell’usura.]
[C’erano, a disposizione dei monarchi, altri e
più duri metodi, peraltro, di taglieggiare gli
ebrei e rimpinguare i forzieri reali: si poteva
emanare un editto per la cancellazione di tutti
i debiti, o si potevano arrestare gli ebrei in
massa, costringendoli a pagare un forte
riscatto; si potevano applicare loro multe
esorbitanti, o imporre “donazioni” per
circostanze straordinarie (matrimoni regali,
nascite di principi e così via); e infine-
soluzione finale - si potevano espellere dal
regno tutti gli ebrei, facendo loro pagare assai
cara l’eventuale riammissione.]
[Uno dei primi a far ricorso a questo odioso
mezzo fu Filippo Augusto, re di Francia, che nel
1182 cacciò dal paese tutti gli ebrei e ne
confiscò i beni; di lì a pochi anni li riammise
imponendo loro una pesante donazione.]
[Molti ebrei espulsi trovarono rifugio in
Inghilterra, ma per essere espulsi un secolo
dopo anche in questo paese.]
[In Europa, gravi avvenimenti fecero seguito
alla cacciata degli ebrei dall’Inghilterra:
l’espulsione delle importanti comunità ebraiche
della Francia e in Germania. Molti dei giudei
cacciati trovarono rifugio in Turchia, in
Polonia e anche in Italia.]
[Nel XIII secolo, un fatto nuovo era
sopravvenuto a complicare le cose: i primi
banchieri italiani avevano cominciato a prendere
il posto degli ebrei nella vita economica dei
paesi. A volte il re, trovandosi indebitato con
prestatori di denaro stranieri (non ebrei), e
specialmente con italiani, concedeva ai suoi
creditori la facoltà di rivalersi sugli ebrei,
riscotendo in sua vece le imposte da loro
dovute.]
[Infatti questo fenomeno aggravava la situazione
economica e peggiorava la posizione sociale
degli ebrei nell’Europa del nord: lo sviluppo e
il rafforzamento delle iniziative finanziare dei
lombardi cominciavano a spezzare quello che era
stato un vero e proprio monopolio degli ebrei,
l’usura, riducendo molti di costoro alla più
umile professione di prestatori su pegno.]
[Lo stereotipo dell’ebreo usuraio e il marchio
di usura attribuito all’intero popolo ebraico a
partire dai primi secoli dopo il Mille e a causa
della loro esclusione da quasi tutte le attività
economiche ad eccezione di quella del prestito
ad interesse, hanno determinato e sviluppato le
radici dell’antisemitismo moderno.]
Commento alla tesi di Daniela Capone
Come si può notare la tesi sostenuta da Daniela
Capone è in sostanza la seguente: la chiesa
romana cominciò ad un certo punto ad emanare
tante più sentenze antiusuraie quanto più
diventava politicamente teocratica, nel senso
che dette sentenze riflettevano l'inevitabile
antisemitismo conseguente a quella ideologia
integralistica.
La chiesa romana non si opponeva
all'usura per motivi etici, ma perché, ambendo a
un potere assolutistico, doveva necessariamente
opporsi a tutte quelle realtà che la
contestavano, che sfuggivano al suo controllo,
che minavano la sua credibilità o che potevano
servire per coagulare consensi: tra queste
realtà sociali vi erano gli ebrei, per i quali
fu facile trovare l'accusa d'essere usurai.
L'antisemitismo era dunque funzionale a esigenze
politiche e la lotta contro l'usura rientrava in
un piano strategico più generale di affermazione
imperiale del papato.
Dove sta il limite di fondo di questa tesi, che
pur presenta aspetti condivisibili? Il limite
sta nel fatto che la chiesa cominciò a
perseguitare gli ebrei nel momento stesso in cui
cominciò a favorire i mercanti. Il suo progetto
di affermazione teocratica andò di pari passo
con l'affermazione del mercantilismo, e di
quest'ultimo gli ebrei costituirono soltanto una
componente limitata, che in nessun modo avrebbe
potuto mettere in discussione l'evolversi dei
processi ecclesiastici iniziati con la riforma
gregoriana, né favorire in maniera decisiva
l'evolversi dei processi mercantili iniziati con
lo sviluppo del sistema comunale.
L'usura praticata dagli ebrei non favoriva
infatti, direttamente, il mercantilismo, ma
semmai minava le basi del feudalesimo. Il
mercantilismo aveva bisogno di ben altre
condizioni, strutturali e sovrastrutturali, per
potersi diffondere. E in ogni caso l'usura era
tanto più praticata dagli ebrei quanto più
praticato dai cristiani era il mercantilismo. E
l'antisemitismo, sempre e ovunque, diventa tanto
più marcato quanto meno si riesce a porre un
freno allo sviluppo delle contraddizioni
antagonistiche del mercantilismo.
La chiesa romana non fu dunque contraria
all'usura semplicemente perché contraria agli
ebrei; anzi, l'antisemitismo fu indirettamente
un favore che la chiesa romana fece al
mercantilismo, il quale conosceva forme di usura
praticate abbondantemente anche dai cristiani.
Tale mercantilismo, per potersi sviluppare
"legalmente", aveva bisogno di una realtà da
presentare come forma antitetica da superare,
come negatività da reprimere, e quella ebraica
veniva facilmente incontro a tale esigenza.
Se vogliamo, la chiesa romana favorì addirittura
l'usura cristiana, riveduta e corretta coi
concetti di "interesse", "rischio", "prestito su
pegno", "purgatorio" ecc., proprio opponendosi
formalmente all'usura ebraica e venendo incontro
alle nuove esigenze della classe borghese, e si
opporrà nettamente al mercantilismo solo quando
questo rivendicherà un potere politico, cioè
sostanzialmente solo verso la prima metà del
'500, quando il mercantilismo troverà nel
protestantesimo il suo decisivo e definitivo
puntello ideologico.
III - La giustificazione dell'usura
La giustificazione dell'usura avviene in maniera
progressiva nell'ambito della chiesa romana. I
fattori ideologici che l'hanno favorita sono
stati i seguenti:
-
l'introduzione dell'aristotelismo nella
teologia scolastica,
che pone (specie dopo il 1260) le basi di un
affronto più "economico" che "etico" o più
di "etica economica" che non di "teologia"
del problema dell'usura e che in definitiva
porterà alla distinzione di "usura" e
"interesse".
P.es. la proibizione scolastica dell'usura
non si basa tanto su ragioni etiche di "charitas
evangelica" (quella secondo cui bisogna
prestare senza sperare nulla in cambio,
stando a Lc 6,34 s.), quanto su ragioni
giuridiche di "aequitas", in quanto
si riteneva fondato il principio
aristotelico relativo alla sterilità del
denaro, considerato come mera misura del
valore dei beni e non come merce di scambio
universale; sicché non si poteva pretendere
un interesse su una cosa che in sé non
valeva nulla.
Ma quando i teologici e i canonisti
s'appellano alla "equità" s'era già perso il
primato del valore d'uso su quello di
scambio e, proprio in virtù
dell'aristotelismo, essi arriveranno ben
presto a premiare il rischio, cioè
l'incertezza connessa a un prestito
finanziario (mutuum), e quindi a
ritenere legittima la "vendita del tempo",
che per tutto l'alto Medioevo fu cosa
assolutamente inammissibile.
-
Il concetto di peccato come "intenzione
soggettiva".
Tra la fine dell'XI sec. e l'inizio del XIII
la concezione del peccato e della penitenza
si interiorizza, nel senso che si
perde l'oggettività del peccato, che
prima, nei casi più gravi, andava
pubblicamente ammesso, affinché si
assicurasse la riconciliazione comunitaria,
e si finisce per farlo diventare un qualcosa
di soggettivo, discrezionale, privato,
basato sul rapporto segreto tra confessore e
penitente o anche solo tra penitente e dio
(come avverrà poi definitivamente nella
riforma luterana). La gravità del peccato
viene misurata solo sulla base
dell'intenzione del peccatore, sicché si dà
ampio spazio alla diversità delle
interpretazioni. Questa morale
dell'intenzione viene sostenuta da tutte le
principali scuole teologiche del XII sec.
Tale forma di relativismo etico andava di
pari passo con la progressiva affermazione
della prassi e della mentalità borghese, la
quale, a sua volta, si poneva come reazione
alla mutata mentalità ecclesiastica, che sul
piano politico stava diventando sempre più
autoritaria.
Il concetto di peccato come "intenzione
soggettiva" s'impone anche in quegli
ordini mendicanti che, nel corso della
lotta contro le eresie medievali, vengono
istituzionalizzati dalla chiesa romana
(francescani e domenicani in primo luogo).
Infatti, pur rivolgendo contro i mercanti e
soprattutto gli usurai i loro strali
ideologici, questi ordini finirono col
legittimare la prassi mercantile,
circoscrivendone gli abusi a una questione
meramente personale, relativa ad
atteggiamenti di smodata cupidigia.
Non a caso questi stessi ordini religiosi
furono tra i più ferventi sostenitori delle
crociate, cioè di quel fenomeno in cui
confluirono al massimo grado le
contraddizioni antagonistiche causate dalla
crisi del sistema feudale carolingio e dallo
sviluppo del mercantilismo; contraddizioni
per le quali si cercò una soluzione
"esterna" all'Europa occidentale, in una
forma di tipo colonialistico.
-
La differenza tra "usura" e "interesse".
L'interesse diventa un profitto moderato ma
necessario: la differenza tra "usura" e
"interesse" non è per il genere ma
per l'intensità. Il prezzo di mercato
diventa la base di riferimento per il
"giusto prezzo" del prestito. Teologi e
canonisti dapprima sostengono che
l'indennità è giusta quando vi è ritardo nel
rimborso, successivamente ch'essa è giusta
anche quando il prestatore ha dovuto
rinunciare ad altri investimenti che
avrebbero potuto rendergli di più (lucrum
cessans).
Prestare soldi può anche significare
rischiare di perderli: l'interesse diventa
una forma legittima di tutela, perfino una
forma di salario legittimo, se il prestatore
non ha altri introiti che questo. E
generalmente si dà per scontato che il
"giusto prezzo" sia tanto più basso quanto
più un paese è economicamente sviluppato.
Ovviamente la teoria scolastica
dell'interesse non era stata elaborata per
giustificare l'attività professionale
dell'usuraio, che risultava sempre
moralmente riprovevole, quanto per
legittimare l'attività di quel mercante che
voleva praticare intenzionalmente il
prestito senza per questo voler passare per
un usuraio e, nel contempo, continuando ad
effigiarsi del titolo di cittadino
"cristiano" a tutti gli effetti.
Lo stesso cambiatore di monete fu sempre
ritenuto colpevole di "usura mentale", in
quanto si rifiutava l'idea di attribuire al
denaro l'attributo di "merce universale".
-
La definizione del "giusto prezzo".
Nei secoli XII e XIII i giuristi medievali
(glossatori) riscoprono il valore del
diritto romano mediato dalla compilazione
voluta da Giustiniano a Costantinopoli nel
VI secolo.
Sono questi "romanisti" che fanno fare alla
teoria del "giusto prezzo" significativi
passi in avanti in direzione dell'ideologia
borghese.
Per determinare il "giusto prezzo" essi
ripresero il termine della "libera
contrattazione", la quale trovava un limite
solo nella "laesio enormis", cioè nel
fatto che "un venditore aveva il diritto di
esigere la riparazione per un contratto di
vendita se il prezzo risultava inferiore
alla metà del giusto prezzo e il compratore
poteva scegliere o di annullare la vendita
restituendo la merce e ricevendo in cambio
il prezzo originale, o di pagare il giusto
prezzo" (cfr Etica economica medievale,
a c. di O. Capitani, p. 72).
La laesio enormis nel Codex
giustinianeo si applicava solo al venditore,
semplicemente perché si dava per scontato,
in un'economia prevalentemente rurale, che
il compratore fosse economicamente se non
addirittura politicamente più forte, mentre
il venditore altri non era che un piccolo
proprietario.
Ebbene i suddetti romanisti iniziarono ad un
certo punto ad applicare la laesio
enormis anche agli acquirenti, mettendo
teoricamente le parti in causa sullo stesso
piano.
Ora se il prezzo è troppo alto, è lo stesso
acquirente che si può appellare alla
laesio enormis, trascinando il venditore
davanti al giudice, in una costosa e
interminabile causa civile (fino a 30
anni!), alla fine della quale sicuramente
otterrà la meglio. Tant'è che nei contratti
di vendita (ch'era prevalentemente di beni
immobili) l'acquirente cominciò a pretendere
per iscritto, al fine di tutelarsi
definitivamente, che il venditore
aggiungesse almeno una delle tre seguenti
clausole: che rinunciava
espressamente a rivendicare in futuro
qualunque forma di riparazione; che
donava all'acquirente l'eventuale
differenza di prezzo tra quello contrattato
e quello giusto; che giurava di non
contestare mai più la vendita.
Per determinare il giusto prezzo il giudice
o notaio si serviva ovviamente di propri
consulenti.
-
Depositi bancari e operazioni di cambio.
Per quale motivo nei confronti delle
operazioni bancarie (depositi, cambi ecc.)
teologi e canonisti mantennero quasi sempre
un atteggiamento di benevola condiscendenza?
Semplicemente perché chiunque poteva
ricavare una rendita dai propri depositi,
anche se il mercante-banchiere otteneva
profitti molto più alti dai depositi dei
propri clienti, se non addirittura tassi
usurari dal credito che offriva ad uomini di
stato o illustri personaggi. Le banche di
Firenze erano le più ricche e famose e
rimasero il centro finanziario d'Europa sino
alla fine del XIV secolo.
La rendita è sempre stata un'operazione
commerciale che la chiesa romana non ha mai
condannato: che la si ottenesse dal lavoro
del servo della gleba o da un deposito
bancario cambiava poco.
I canonisti sapevano bene che un depositante
che traeva un interesse fisso da un
deposito, indirettamente praticava usura, ma
se l'opinione pubblica accettava l'idea di
una banca (che per di più veniva incontro
alle esigenze degli orfani minori sotto
tutela e delle vedove), era poi impossibile
accusare d'usura i suoi clienti, il primo
dei quali peraltro era lo stesso papato, che
si serviva delle banche anche per
raccogliere fondi a sostegno delle crociate.
E forse l'Ordine dei Templari non era
un'organizzazione bancaria internazionale?
Le stesse speculazioni mercantili sulle
differenze di cambio monetario non sono mai
state condannate in maniera risoluta dalla
maggioranza dei teologi, semplicemente
perché avvenivano al di fuori della visione
della gente comune, che non poteva essere a
conoscenza dei traffici internazionali dei
potentati economici e politici, il primo dei
quali, anche qui, era lo stesso papato.
Non a caso pochissimi teologici riuscirono a
scorgere forme di usura là dove in luogo
della moneta sonante si usavano lettere di
credito o cambiali per operazioni finanziare
sovranazionali. E in genere i canonisti non
misero quasi mai in discussione il fatto che
si potessero costituire delle società che
investissero i loro depositi in attività
lucrative comportanti un rischio potenziale.
In sostanza l'usura che si condannava era
solo quella manifesta, cioè quella praticata
da chi pubblicamente si metteva nella
condizione di prestare denaro a interesse e
che faceva del prestito la propria attività
principale.
Le banche, ufficialmente, non svolgevano
come prima operazione quella di prestare
denaro a interesse, ma quella semmai di dare
un interesse sui depositi dei clienti.
Questa distinzione sofistica era sufficiente
per sottrarle all'accusa di praticare
l'usura.
-
L'istituzione dei Monti di Pietà.
L'usura praticata nei confronti del popolo
minuto viene ostacolata attraverso i
cosiddetti "Monti di Pietà", nati alla fine
del '400 su iniziativa dei francescani,
guidati da Bernardino da Feltre (1439-94).
I montes pietatis, gestiti dallo
stesso clero e da mercanti di buona
reputazione, furono introdotti quando ci si
accorse che il problema della povertà aveva
ormai assunto dimensioni abnormi, e si cercò
di giustificarli addossando agli ebrei
usurai la causa principale di questa
povertà.
Essi prevedevano all'inizio un tasso del 6%,
contro quello usurario del 30-40%, e
venivano finanziati da donazioni
caritatevoli, che ovviamente non erano
sufficienti per ripagare le spese, per cui
dopo un certo tempo si decise di concedere
credito (dall'8% al 12%) a uomini d'affari,
trasformando così i montes in una
sorta di piccole banche locali.
All'inizio si opposero alla loro istituzione
teologi tradizionalisti in ambito
agostiniano e domenicano, contrari al fatto
che si chiedesse un interesse alla povera
gente; poi le loro proteste vennero
definitivamente messe a tacere dal concilio
Lateranense V (1515) sotto il papa Leone X,
ma già papa Paolo III li aveva approvati nel
1467. Intorno al 1509 in Italia ve n'erano
87.
Tutti i difensori dei Monti di Pietà
(Alessandro Nevo, Celso da Verona, Annio di
Viterbo ecc.) ritenevano che l'interesse
richiesto, in rapporto all'importo concesso
e alla sua durata, andasse considerato come
una sorta di rimborso spese per il servizio
prestato. Si giustificò l'interesse dicendo
inoltre che i proprietari del Monte erano
gli stessi fruitori!
Con l'istituzione di queste agenzie
municipali di prestiti su pegno tende ad
affermarsi l'idea che agli ebrei andava
recisamente vietata qualunque forma di
prestito a interesse. Ci si illudeva di
poter ovviare alle contraddizioni del
mercantilismo usando le armi
dell'antisemitismo.
In sostanza quanto più i teologi si
opponevano all'usura condotta in forma
privata, tanto più la ufficializzavano in
forma pubblica, giustificando in maniera
sempre più decisa l'ideologia mercantile. La
stessa istituzione specifica del
Monte per il mutuo alla povera gente, in
cambio di un pegno come garanzia e di un
certo interesse per il servizio, era un
altro segno del fallimento dei principi
comunitari cristiani.
-
Il concetto di "purgatorio",
che eredita la distinzione tra "usura
vietata" e "interesse legittimo" e che
permette all'usuraio, interiormente pentito,
di salvare la propria anima nell'aldilà.
Ne parla estesamente Le Goff, il quale
sostiene che il concetto di "purgatorio" (di
origine pagana, cfr Eneide 6,
1100-1105) venne elaborato nel XII secolo
(sulla base della distinzione scolastica tra
peccati "veniali e "mortali") proprio per
attenuare la plurisecolare condanna
ecclesiastica della pratica dell'usura.
Parenti e conoscenti dell'usuraio potevano
con le loro preghiere, offerte,
intercessioni, suffragi, abbreviare il
periodo di sofferenza del condannato,
aprendogli le porte del paradiso.
Questo ovviamente a condizione che
l'usuraio, almeno sul punto di morte, si
pentisse e avesse intenzione di restituire
il maltolto o quanto meno le eccedenze,
visto ch'egli non poteva lasciare sul
lastrico moglie e figli, i quali dovevano
evitare di proseguire l'attività del
congiunto.
Il purgatorio poteva evitare all'usuraio una
condanna definitiva nell'aldilà, mentre
nella vita terrena la distinzione tra
"usura" e "interesse" poteva permettere a
chiunque, quindi anche all'usuraio, di poter
praticare legittimamente il prestito a
interesse, a condizione che questo non fosse
esoso.
Il concetto di "purgatorio" era l'ammissione
di un'impotenza. Anche i concetti di
"inferno" e "paradiso" lo erano, ma finché
essi prevalsero, tendeva a dominare nella
società cristiana una dura condanna morale
di talune azioni antisociali.
Col concetto di "purgatorio" sparisce anche
la condanna morale, in quanto tutto diventa
opinabile, relativo ad atteggiamenti più che
altro interiori, soggettivi, interpretabili
solo da dio. Si era, con ciò, a un passo
dalla riforma luterana.
IV - Capitale
commerciale, usurario e industriale
"Gli iniziatori del capitalismo sono gli
usurai", dice Le Goff. E lo dice facendo così
apparire la chiesa romana come una sorta di
Pilato che ha dovuto adeguarsi, obtorto collo,
a un fenomeno che non sentiva come proprio ma
che ad un certo punto non era più in grado di
controllare.
La tesi di Ovidio Capitani non è molto diversa.
Egli infatti sostiene che l'etica economica
medievale è "risonanza e indicazione di un
comportamento" e non "causa" o "concausa" dello
stesso. L'etica economica medievale non poteva
promuovere il capitalismo ma soltanto
ammettere la liceità di talune pratiche
commerciali. Fu un'etica "concessiva" non
"costruttiva". Ed egli, al pari di Le Goff, vede
nell'incapacità degli scolastici e dei canonisti
di portare alle conseguenze più moderne le loro
teorie proto-borghesi un limite di fondo, che
poi verrà superato - aggiungiamo noi - dai
teologi esplicitamente protestanti.
In realtà queste tesi sono deficitarie su alcune
questioni controverse:
-
anzitutto è molto difficile sostenere che la
chiesa romana fu indotta ad accettare il
mercantilismo e l'usura come una male
inevitabile, esterno alla propria zona
d'influenza o estraneo alla propria
ideologia di vita. In realtà essa in qualche
modo vi contribuì, se non direttamente,
almeno indirettamente, col proprio
atteggiamento politico di potenza terrena,
ostile alle istituzioni laiche,
contraddittorio alle premesse cristiane
della propria missione (si pensi solo al
fatto che gran parte delle maggiori cariche
ecclesiastiche sono sempre state oggetto di
"simonia" e che il commercio dei beni
religiosi è sempre stato all'ordine del
giorno di tutte le più importanti riforme
ecclesiastiche medievali).
Capitani dice che il problema della
reperibilità di denaro liquido si fece
sentire con urgenza tra la fine del sec. XI
e i primi decenni del XII, in concomitanza
con le crociate.
Quindi bisognerebbe dire che in questo
periodo esistevano già dei ceti
economicamente in crisi, rovinati dallo
sviluppo di una certa economia mercantile.
Lo sviluppo di questo tipo di economia
dovette andare di pari passo con la crisi
dell'economia rurale, che aveva trovato nel
feudalesimo carolingio un sistema
oppressivo, gerarchico-autoritario,
colonialista, molto fiscale, legato alla
chiesa romana da un rapporto clientelare,
strettamente ideologico-politico.
Il mercantilismo basso medievale è una
reazione individualistica alla crisi del
collettivismo forzato del feudalesimo
franco-cattolico. Ed esso ha trovato la sua
legittimazione teorica nei teologici e
canonisti della Scolastica.
-
In secondo luogo è del tutto sbagliato
sostenere che l'usura contribuì a far
nascere il capitalismo. L'usura ha
semplicemente contribuito alla distruzione
del feudalesimo. L'usura tende a distruggere
i sistemi economici vigenti, dominanti, non
si pone un compito costruttivo, di
alternativa sociale positiva. Infatti, anche
quando (come oggi) noi vediamo che gli
usurai investono i loro capitali (una parte
di essi) in attività produttive, riciclando
il denaro sporco, infinitamente di più o
socialmente più importanti sono le attività
produttive ch'essi hanno contribuito a
smantellare. Ma su questo rimando ampiamente
al
commento del cap. 36 del III libro del
Capitale di Marx.
-
Più in generale bisogna dire che le idee
borghesi non si sono formate al di fuori del
feudalesimo ma al suo interno, sicché la
chiesa romana non può averle costatate
passivamente, cercando di adeguarvisi con
rassegnazione, pur nel tentativo di salvare
il salvabile.
La pratica e le idee borghesi sono troppo
antitetiche a quelle della società rurale
alto medievale perché si possa pensare che
la stessa chiesa romana non abbia
contribuito a promuoverle.
P.es. s. Bernardino da Siena (1380-1444)
infrange per la prima volta il divieto di
"vendere il tempo" quando permette al
debitore che deve restituire una certa somma
di denaro entro un certo tempo, di poter
restituire una somma minore se riesce a
farlo in un tempo minore. Lui stesso
difendeva il prestito a usura ai nemici
della chiesa in quanto fatto "per amore
della fede", mentre Pietro Gregorio
(1540-97) sosteneva esattamente il
contrario, e cioè ch'era insensato che il
cristiano concedesse un prestito a un nemico
che avrebbe potuto utilizzarlo contro i suoi
interessi.
-
Sin dai tempi carolingi la chiesa romana s'è
andata configurando come società temporale,
ampiamente dotata di poteri economici e
politici, in competizione con quelli dei
nobili laici, con quelli del basileus
bizantino e ad un certo punto anche con
quelli degli stessi sovrani cattolici da
essa stessa consacrati (in opposizione al
basileus).
-
Certo, non è lecito aspettarsi da tale
atteggiamento un impulso diretto,
consapevole, a favore dello sviluppo del
mercantilismo e del capitalismo, ma
indubbiamente esso ne favorì la formazione
iniziale, cioè esso fornì alla società
mercantile i presupposti ideologici per
futuri sviluppi, anche contro gli stessi
interessi feudali della chiesa, strettamente
legati al possesso della terra e alle
rendite che da essa terra si volevano
ricavare.
Non dimentichiamo che sino alla fine del XII
secolo furono i monasteri a offrire il
credito necessario, chiedendo in cambio un
immobile da cui poter trarre delle rendite.
Poi sarà la chiesa stessa a impedire questa
forma di credito, che aveva già trasformato
abbazie e conventi in organi così potenti da
sfuggire al controllo dei vescovi, salvo poi
permettere agli ordini che dipendevano
direttamente dal papato, come p.es. i
Templari o i Teutonici, di svolgere
qualunque tipo di operazione finanziaria e
commerciale nelle terre conquistate.
-
Col proprio atteggiamento politico mondano
la chiesa romana favorì, indirettamente, la
nascita della moderna figura del mercante,
la cui ideologia dualista (borghese nella
pratica e cristiana nella teoria) si poneva
come forma di reazione opportunistica
all'integralismo politico-religioso del
papato. Da una serie progressiva di
concessioni (formali), che la chiesa stessa
aveva in qualche modo contribuito a rendere
inevitabili, ad un certo punto era nata una
nuova qualità di vita economica, nei cui
confronti la stessa chiesa romana
necessitava di rivoluzionarsi in direzione
del protestantesimo.
Considerazioni finali
I
Nel Medioevo una forte presenza dell'usura era
già indice di una prevalenza dei rapporti
mercantili-monetari su quelli naturali
dell'autoconsumo. L'usura si sviluppa sempre là
dove i commerci sono fiorenti, ma anche là dove
i rapporti di classe sono molto antagonistici,
dove l'individualismo dei proprietari (fondiari
o di capitali) è molto accentuato.
L'usuraio infatti è un individuo che si pone
contro dei legami comunitari indeboliti,
insinuandosi nelle debolezze di un sistema
sociale dominante e portandole a completa
rovina. E' come un virus in un corpo che si
trascura, di un malato che s'illude di poter
guarire senza medicine, che sottovaluta la
gravità della propria patologia.
Non ha senso sostenere - come fa Le Goff - che
gli usurai non diventavano capitalisti solo
perché avevano paura dell'inferno nell'aldilà e
che cominciarono a diventarlo quando si
prospettò loro la possibilità di finire in
paradiso passando attraverso il compromesso del
purgatorio.
Il capitalismo nasce quando da un lato il
borghese poteva chiaramente differenziare la
propria attività da quella usuraria, facendola
in un certo senso passare per un'alternativa
legittima, convincente, adeguata, e dall'altro
quando la pratica dell'usura, legalizzata nelle
forme del moderno credito, si trasformava in un
forma incentivante a sviluppare rapporti di
sfruttamento di lavoro, in cui le parti
contraenti erano giuridicamente e formalmente
libere. Cosa che il cattolicesimo-romano,
essendo una religione feudale, impostata sul
rapporto personale di soggezione e quindi sulla
rendita, non avrebbe potuto accettare sino in
fondo, senza prima trasformarsi in una religione
protestante, adatta a un credente di tipo
borghese e imprenditoriale.
La teoria del "giusto prezzo" in tal senso è
molto eloquente per spiegare i limiti di
un'impostazione cattolico-romana in materia di
economia politica. Detta teoria (anche nel
teologo più "oggettivo" come Tommaso d'Aquino)
ha sempre avuto per tutto il Medioevo uno sfondo
prettamente moralistico, in quanto ci si
affidava alla buona volontà dei contraenti
(venditore ed acquirente), i quali avrebbero
dovuto evitare iniziative commerciali
intenzionalmente fraudolenti o tali da favorire
forme di monopolio.
Dal canto suo la chiesa cercava di stemperare
l'avidità del guadagno chiedendo al mercante di
devolvere parte delle ricchezze ad opere di
carità.
Un trend del genere avrebbe potuto funzionare al
massimo nell'ambito di un mercato locale, dove
tutti si conoscevano, ma proprio nel momento in
cui tale teoria veniva formulata lo scatenamento
delle crociate nel
Vicino Oriente
e nei
Paesi Baltici
faceva sì che i mercati diventassero
internazionali e con essi le loro dinamiche e
soprattutto i loro prezzi, che finivano
inevitabilmente per influenzare quelli dei
mercati locali.
La
chiesa romana era convinta di poter
controllare il fenomeno del mercantilismo in
piena espansione perché sul piano politico
imponeva a tutta la società una concezione
piuttosto rigida della stratificazione sociale
dei ceti e dei loro ruoli, e non aveva motivo di
pensare, finché ognuno fosse rimasto nel posto
che gli veniva conferito dalla gerarchia, che
l'attività mercantile avrebbe col tempo
scardinato sia la tradizionale ideologia
cristiana che i consolidati poteri costituiti.
II
Sul piano metodologico - come indicazione per
ulteriori ricerche storiografiche - occorrerebbe
focalizzare l'attenzione su alcuni aspetti per
noi di fondamentale importanza:
-
la storia del Medioevo non andrebbe vista
come una linea evolutiva che va
dall'economia naturale primitiva a quella
urbana e mercantile, considerando
quest'ultima come una forma più avanzata
dell'altra. Il fatto cioè che lo fosse
(secondo i parametri industriali odierni)
sul piano tecnologico, produttivo o
commerciale non dice nulla sull'effettiva
democraticità di un determinato stile di
vita, che va invece valutato per il suo
grado di umanizzazione e di conformità alle
esigenze della natura.
In tal senso si potrebbe anzi ipotizzare un
percorso interpretativo inverso, in cui lo
sviluppo dell'urbanesimo e del mercantilismo
euroccidentali debbono essere visti come una
sorta di processo involutivo verso
forme sociali sempre meno democratiche.
Bisognerebbe in tal senso rileggersi tutte
le opere dei teologi cattolici per cercare
di individuare i momenti di passaggio dalla
concezione greco-ortodossa della vita
religiosa a quella cattolico-romana e,
all'interno di quest'ultima, dalla
concezione rurale della vita sociale a
quella urbana e borghese.
-
Le ricerche storiche andrebbero indirizzate
verso una rivalutazione delle società rurali
alto medievali di quei regni barbarici
diversi dai Franchi e dai Sassoni, in
entrambi i versanti europei, est e ovest. In
particolare bisognerebbe cercare di capire
il motivo per cui là dove era presente la
chiesa ortodossa non si sono formate
concezioni di vita borghese, ovvero il
motivo per cui là dove il cristianesimo
ortodosso s'è trovato a dover fronteggiare
forme di vita mercantile (come p.es.
nell'impero bizantino), la resistenza nei
confronti dell'ondata musulmana è stata
molto più debole.
-
Bisognerebbe inoltre individuare i motivi
per cui, nell'ambito del
cattolicesimo-romano medievale, si sono
formate idee borghesi in Italia e non anche
in Polonia o in Spagna o in Ungheria.
Naturalmente questo può essere spiegato alla
luce del fatto che l'Italia, sino alla fine
dell'impero romano, aveva conosciuto
fiorenti commerci, ma questa motivazione non
può essere sufficiente, poiché le invasioni
barbariche sconvolsero completamente
l'assetto socioeconomico anche della nostra
penisola, ponendo l'economia naturale come
del tutto prioritaria rispetto a quella
mercantile.
Una spiegazione più convincente non può non
tener conto del fatto che l'Italia era sede
del papato, il quale in tutti i modi cercò
di imporsi come realtà politica. La
formazione della mentalità borghese
(dualista per definizione, in quanto a una
religione ufficiale, accettata formalmente
in sede teorica, oppone una prassi
arbitraria, dettata da interessi
individualistici) si pone probabilmente come
reazione a una prassi cattolica che ai
livelli istituzionali della gerarchia era
non meno dualista, in quanto i principi
teorici venivano sistematicamente
contraddetti dalla ricerca di un potere
politico ed economico.
-
Un'osservazione a parte va fatta
sull'ermeneutica di Le Goff. Egli ritiene
che nell'alto Medioevo la religione fosse
vissuta solo molto superficialmente e più
che altro dai soli chierici, essendo i
laici, legati alla terra, rozzi e incivili.
Il giudizio sui laici è molto duro:
violenti, ignoranti, guerrieri... Nei loro
confronti era inevitabile un forte dominio
da parte delle istituzioni, laiche ed
ecclesiastiche, le quali avevano bisogno più
che altro di far regnare un ordine
esteriore.
Successivamente intorno al Mille aumentano
le ingiustizie e le ineguaglianze, ma anche
il benessere per le popolazioni urbane. La
chiesa romana cercò di spiritualizzarsi e di
far diventare più cristiana la società.
Ora, che dire di questa interpretazione
storica da parte di uno dei massimi
medievisti viventi?
Anzitutto che uno storico del Medioevo
dovrebbe sempre fare distinzione tra il
cristianesimo vissuto dalle masse popolari,
prevalentemente contadine e analfabete, e il
cristianesimo vissuto dalla gerarchia
ecclesiastica, l'unica in grado di elaborare
delle fonti scritte.
Fonti del genere non possono essere
considerate come "obiettive", non solo
perché molte di esse furono dei falsi
patentati, ma anche e soprattutto perché
esse riflettevano chiaramente interessi di
parte.
Il fatto stesso che dopo il Mille si
cominciasse a considerare la "povertà" come
un "valore", da parte dei movimenti
ereticali, dovrebbe p.es. far pensare non
solo che dopo il Mille essa veniva
generalmente considerata dalla mentalità
borghese come un "disvalore" (e su questo
anche Le Goff conviene), ma anche che presso
le comunità rurali alto medievali non
c'erano situazioni di estrema povertà come
quelle causate dal mercantilismo, che
praticamente obbligava i contadini senza
terra a emigrare nelle città per diventare
operai salariati.
Questo per dire che i testi teologici basso
medievali riflettevano una situazione
socioeconomica molto più contraddittoria di
quella alto medievale, in quanto ai problemi
del servaggio si erano aggiunti quelli del
mercantilismo.
La condanna teorica dell'usura (ribadita in
tutti i concili Laterani) non sta di per sé
a significare che la società fosse più
cristiana e neppure che a quella condanna
seguirono azioni effettivamente coerenti ed
efficaci.
I fatti hanno piuttosto dimostrato il
contrario, e cioè che l'adeguamento del
cristianesimo istituzionale della chiesa
romana alla prassi borghese avvenne nel
basso Medioevo parallelamente alla condanna
dell'usura.
La chiesa romana dopo il Mille continuava ad
essere politicamente aristocratica e
ideologicamente integralista, ma stava
sempre più diventando socialmente
borghese. Essa voleva tenere sottomessa
la borghesia, impedendole di acquisire
potere politico, ma nello stesso tempo la
favoriva, proprio per aumentare le proprie
ricchezze, il proprio prestigio di potenza
terrena.
Per trovare una qualche forma di opposizione
a questo evolversi della concezione
cristiano-borghese della fede occorre
rivolgersi a taluni movimenti pauperistici
ereticali.
-
Abbastanza curioso è il fatto che mentre i
grandi usurai italiani venivano dalla
Lombardia, dal Piemonte, dall'Emilia, e i
grandi banchieri venivano da Firenze e dalla
Toscana in generale, Venezia, che ha sempre
ruotato nell'area bizantina fino al Mille e
che aveva commerci molto fiorenti, rimase
sostanzialmente estranea alle diatribe
sull'usura, sulle banche e sui monti di
pietà. A Venezia interessava avere privilegi
commerciali da Bisanzio, finché, dopo il
Mille, si pensa solo a come conquistarla.
Nel VII secolo i veneziani avevano preferito
porsi sotto la dipendenza diretta di
Bisanzio per non dipendere da quella
dell'Esarcato. Grazie a Bisanzio riescono a
opporsi al tentativo di conquista da parte
dei Franchi. Nel IX secolo conquistano le
coste istriane, dalmate e pugliesi. Nell'XI
sec. vincono i Normanni che volevano
prendersi l'Albania. Questo permette alla
città di ottenere privilegi unici in tutto
in Mediterraneo.
A partire dal 1171 iniziano a saccheggiare,
senza molto successo, la costa della Beozia.
Stringono alleanza coi Normanni siciliani in
funzione antibizantina, finché nel 1204
partecipano alla quarta crociata occupando
Costantinopoli: ottengono la quarta parte
dell'impero bizantino e le loro navi sono
praticamente ovunque. Bisanzio fu costretta
a cercare un'alleata in Genova, che
combatté, senza successo, contro Venezia;
quest'ultima invece, proprio dopo aver
sconfitto Genova, diventerà una delle
potenze maggiori d'Europa, tanto che
inizierà a occupare l'entroterra (Treviso,
Bassano, Padova, Verona, Vicenza, Udine,
Friuli, Brescia, Bergamo, Peschiera,
Ravenna, Lodi, Piacenza). Insieme a Firenze
e Milano, era diventata uno degli Stati più
forti d'Italia.
Fece un errore clamoroso a indebolire
Bisanzio contro i Turchi. Nonostante la
grande vittoria di Lepanto (1571), il suo
declino infatti sarà inevitabile, poiché i
commerci per il Mediterraneo non potevano
più essere quelli di un tempo (i Turchi
erano incredibilmente esosi). Ma, quel che è
peggio, Venezia viene tagliata fuori dai
commerci portoghesi lungo le coste africane
e da quelli spagnoli in America. La sua
guerra contro i Turchi andò avanti sino alla
fine del Settecento, ma senza risultati. E
questo la indebolì anche nel confronto con
le altre città conquistate nell'entroterra.
Sarà Napoleone a darle il colpo di grazia
conquistando il Veneto e cedendolo
segretamente all'Austria nel 1797 (Trattato
di Campoformio); gli austriaci verranno
cacciati dalla città solo nel 1866.
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medioevo.puntopartenza.it
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Antisemitismo medievale
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Riviste di studi medievali
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Opere di Todeschini
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Bibliografia
Download
-
Usura: moltiplicatore del circuito criminale
(pdf-zip)
-
A. Cipriani, Un mondo alla rovescia nella
società medievale
(pdf-zip)
N.B. Per la parte relativa alla situazione
dell'usura nell'area bizantina si ringrazia il
sito
www.imperobizantino.it
Tratto da: homolaicus.com
Video da
visionare per comprendere il meccanismo del
FURTO dei nostri beni da parte di questi
CRIMINALI
a livello mondiale !
USURA nell'ISLAM ?
Nel
1997 un autore francese di origine siciliana,
Alexandre Del Valle, pubblicò un libro eccellente
(L'Islamisme et les Etats Unis [1]), nel
quale egli espone l'alleanza, in funzione
antieuropea, degli Stati Uniti (che in realtà
includono l'Inghilterra e, in generale, tutto il
mondo anglofono) con il mondo Islamico.
Il Del Valle ha tenuto delle conferenze anche in
Italia, a Milano e a Torino, e adesso sta cercando
di trovare un editore per che ci sia un'edizione
italiana del suo libro. A tutti quanti, fra di
voi, che siano in grado di leggere il francese,
non posso se non raccomandare in massimo grado
questo libro, che non solo espone certi sinistri
legami fra America e Islam, ma che è anche una
miniera di informazioni sull'Islam in generale
(dal punto di vista storico, sociale, psicologico,
geopolitico, ecc.) - non c'è aspetto del fenomeno
“Islam” che sia sfuggito all'autore.
Le tesi dell'autore sono, più o meno, le
seguenti:
(a) L'America strumentalizza l'Islam contro
l'Europa;
(b) L'America appoggia la religione Islamica, per
mantenere le popolazioni che a essa aderiscono in
una situazione di abiezione e di arretratezza, che
le rende e le renderà sempre tecnologicamente ed
economicamente dipendenti;
(c) La scelta dell'Islam come alleato, da parte
dell'America, non è accidentale. L'America è
stata definita il luogo del protestantesimo
fondamentalista, e fra protestantesimo e Islam ci
sono delle straordinarie affinità strutturali -
di base - per cui essi sono, per così dire, degli
alleati naturali.
Tutti questi punti abbisognano di approfondimento
- e io non mi troverò sempre in accordo completo
con il Del Valle. Incomincerò dal punto (b), che
può essere liquidato con relativa facilità.
Quanto afferma il Del Valle potrà anche essere
vero per quel che riguarda l'Islam europeo
(Bosnia, Turchia europea, ecc. - forse addirittura
l'Albania) - e, al limite, almeno in parte, per
l'Iran e il Turchestan - ma non certo per la
maggior parte dell'ecumene Islamico. Quelle
popolazioni sono così scadenti che non c'era
proprio bisogno dell'Islam per portarle e per
mantenerle al livello in cui sono - in altre
parole, non è che sia l'Islam a fare di loro quel
che sono, ma hanno scelto l'Islam perché non
valgono niente.
Su di questo si ritornerà più avanti, ma vale la
pena di fare una parentesi per puntualizzare il
fatto di quella cosiddetta civiltà “araba”,
della quale si fa un gran parlare e che non è mai
esistita. Si può forse parlare di una 'civiltà
musulmana', durante il Medioevo, che usava l'arabo
come lingua portante, e che si sviluppò in
parallelo con la civiltà 'cristiana' - cioé
europea - in quei medesimi tempi. Alla civiltà
'musulmana' - chiamiamola così - gli Arabi furono
estranei. Colonne portanti di quella civiltà
furono l'Andalucìa e il mondo indo-iraniano, zone
a cui toccò la disgrazia dell'Islamizzazione ma
che continuarono ad attingere a fonti culturali
pre-Islamiche che l'Islam non riuscì a soffocare
del tutto. A titolo di curiosità, nell'Andalucìa
musulmana ci fu un'importante presenza persiana,
almeno a livello di gente colta.
Passando
al punto (a), bisogna vedere chiaro che cosa sia
veramente l'America.
L'America non è un paese nel senso normale della
parola - come non lo fu più l'Inghilterra dopo la
svolta fra il Seicento e il Settecento: ma,
l'abbiamo già detto, ormai l'Inghilterra fa parte
degli Stati Uniti, di cui è la propaggine davanti
alle coste dell'Europa.
Gli Stati Uniti sono una facciata, con l'aspetto e
la struttura di un paese, dietro la quale
manovrano interessi di tipo plutocratico e
finanziario.
Il 'paese' America fa da braccio armato a
quegli affaristi, finanzieri e usurai, senza avere
una politica nazionale propria: gli interessi
'americani' sono gli interessi di quella classe
usurocratica, della quale gli Stati Uniti 'paese'
sono lo sciacallo.
Questo, il Del Valle non sembra vederlo - o al
meno non lo rende del tutto esplicito -, come non
sembra vederlo un altro acuto studioso delle
interferenze americane in Europa, il
Bugnon-Mordant, autore di un pregevole libro
sull''America totalitaria' (2).
Più in profondità ha visto lo storico italiano
che scrive con lo pseudonimo di John Kleeves (3),
che denuncia senza mezzi termini gli Stati Uniti
come gigantesca azienda commerciale privata
potentemente armata e che non risponde delle
proprie azioni ad alcun tribunale: gli Stati Uniti
sarebbero una dittatura dell'imprenditoria.
Ma anche il Kleeves vede negli imprenditori che
dirigono l'Impresa America degli 'Americani'.
Quando si voglia invece andare più in fondo
sull'argomento della strumentalizzazione
dell'Islam da parte dell''America', bisogna fare
un passo più avanti. Quella classe finanziaria e
imprenditoriale della quale gli Stati Uniti sono
lo sciacallo è tanto poco 'americana' come di
qualsiasi altra nazionalità o appartenenza - essa
è l'usurocrazia finanziaria apolide
internazionale; che si serve del mondo
anglofono come strumento ormai da circa tre secoli
e continuerà a farlo ancora per qualche tempo.
Ma allora si pone il quesito del perché il mondo
anglofono - sia stato per così tanto tempo e si
sia dimostrato tanto appropriato a fare da
sciacallo all'oligarchia finanziocratica
internazionale. Non è accidentale che proprio
l'America sia stato il luogo appropriato per
eccellenza per espletare quei tali servizi,
mentre, viceversa, solo una società/un 'paese'
all'americana sarà mai veramente appropriato per
fare da braccio armato politico e militare alle
attività dell'usurocrazia internazionale. Questa
sua qualità il mondo anglofono la deve al fatto
di essere in mondo protestante per eccellenza (4),
con due conseguenze: (a) feticismo del denaro che,
per dirla con Kleeves, fa da schermo fra la gente
e la realtà; (b) carenza totale di cultura: di
fatti, il livello culturale del mondo anglofono è
praticamente nullo, al di sotto di quello di
diversi paesi terzomondiali. Queste sono le due
caratteristiche necessarie perchè un 'paese'
possa e voglia essere sciacallo perfetto degli
usurocrati, e l'America le ha tutte e due.
Nel contempo, il fatto di essersi fatti
inserviente degli usurocrati non può non
innescare nella società che abbia fatto quella
scelta dei processi teratologici di dissoluzione
sociale che la portano al disfacimento implosivo a
più o meno lungo termine. Questo, sta succedendo
a ritmo accelerato negli Stati Uniti (5), ed è
mia tesi - documentata in dettaglio in altra sede
(6) - che il disfacimento implosivo
dell'America è prossimo, proprio come
conseguenza del fatto di essersi fatta strumento
degli usurocrati internazionali. I quali avranno
bisogno di un altro punto d'appoggio; e la nuova 'America',
da loro scelta, saranno gli “Stati Uniti
d'Europa” - un'Europa denaturata,
putrefatta, americanizzata.
Lo strumento-principe per denaturare l'Europa
potrebbe essere l'Islam. Già adesso ci sono 5
milioni di musulmani nei Balcani e dai 12 ai 15
milioni di immigrati terzomondiali di religione
musulmana. Se la Turchia dovesse diventare membro
della comunità economica europea, è già stato
previsto negli ambienti geopolitici turchi che
entro circa dieci anni la metà dell'Europa sarà
musulmana (immigrazione dalla Turchia e dall'Asia
centrale musulmana, differenziale di natalità,
matrimoni misti, conversioni più o meno 'volontarie')
(7).
Alla lunga, gli 'Stati Uniti d'Europa' subirebbero
gli stessi fenomeni di putrefazione culturale e
sociale che stanno portando alla dissoluzione di
quelli d'America; ma questo , sicuramente, non
preoccupa i finanziocrati. Intanto, avranno
guadagnato qualche decennio, poi si vedrà.
Al
limite, e sapendo di che tipo di gente si tratta,
forse si sentiranno paghi di avere commesso il
crimine più grande di tutta la storia: quello di
avere causato lo scioglimento della civiltà
europea.
Riguardo ai punti (a) e (b) cui sopra (feticismo
del denaro, mancanza di cultura), l'Islam copre
ambedue i requisiti. Il Del Valle osserva
acutamente come anche il 'dio' dell'Islam - in
perfetta sintonia con ebraismo e puritanesimo -
promette ai suoi cosiddetti 'eletti' il godimento
della ricchezza a questo mondo, come anticipo alla
beatitudine eterna in quell'altro (sulle analogie
fra Islam e protestantesimo si riverrà in
dettaglio più avanti). E l'Islam vale ancora di
più come agente di imbarbarimento. Questa è una
caratteristica che l'Islam condivide con tutti i
monoteismi, ma è quello che, in sede storica,
l'ha esplicitata in grado massimo.
Le spaventose distruzioni di beni artistici e
culturali portate a termine dal cristianesimo nel
momento del suo trionfo (8) furono niente in
confronto a quanto fecero i musulmani.
Tutti conoscono quanto successe ad Alessandria
d'Egitto, quando tutto il contenuto della sua
biblioteca fu usato come combustibile per i bagni
pubblici; ma meno sono quelli che sanno che lo
stesso successe in Mesopotamia e in Iran, con
quelle che erano state le biblioteche dell'impero
persiano (9). Anche il Turchestan, che un tempo fu
sede di una fiorente civiltà (10) - di tipo
iraniano nella sua parte occidentale, di tipo
tibetano in quella orientale - dopo l'Islamizzazione
divenne (e rimane) parte del Terzo Mondo.
Non a caso l'estetologo Richard Eichler (11)
indicava che l'ebraismo, l'Islam e il calvinismo
sono le tre ideologie ('religioni') nemiche del
bello e dell'arte, riconducendo poi questo fatto a
certe caratteristiche psico-fisiologiche della
razza desertica - o beduina - un tipo umano
particolarmente problematico e involuto (12).
Video di Paolo Barnard, Rivoluzionario !
Cristianesimo + ebraismo = massoneria = bilderberg = trilaterale = aspen = occidente, licenziamenti e fallimenti.
Ma il regime sta per crollare. Amen ! - 14/05/2013
Se ci sono così tanti massoni nella magistratura, nelle Istituzioni, nella politica, nell'informazione, e insomma ovunque, e nessuno li disturba, è perché la società stessa è di indole massone.
La massoneria, il bilderberg, la trilaterale, l'aspen, eccetera, che da essa derivano, sono cioè così radicati e potenti perché hanno un profondo substrato culturale popolare.
Si può in sostanza dire che costituiscono quella elite economica, istituzionale, politica, mediatica e giudiziaria di cui tutti vorrebbero far parte.
Né d'altra parte si potrebbe spiegare altrimenti che addirittura sul dollaro, sotto gli occhi del mondo, c'è la piramide tronca dei massoni.
Una massoneria che – si osservi – pur avendo una diffusione enorme nel mondo intero e auto-rappresentandosi come un'organizzazione di alto valore morale, invece si occulta.
E si occulta anche quando è palese, come il Grande Oriente, che è in realtà un'organizzazione segreta così come vietato dalla Costituzione e dalla Legge Anselmi, ma si definisce «riservata», nel senso che dal sito si legge che «I Lavori di Loggia sono di natura strettamente riservata, ma non segreta».
Affermazione che costituisce una contraddizione in termini, e un'ammissione dei illiceità, perché significa che è segreta nei contenuti o in parte di essi: la parte che conta.
La parte che conta perché, così come al mero fatto di essere cattolico non consegue certo la possibilità di partecipare ai proventi delle attività dello IOR o di entrare nei giri mondiali del potere vaticanista, il fatto di essere meramente iscritto alla massoneria non serve ad altro che ad ingrossare quella base che serve poi a dare forza a quei vertici che ne traggono profitto.
Con la differenza che mentre la base cattolica o comunque religiosa è animata da moti spirituali (religiosi), la base massone è il suo braccio utilitaristico ed è animata dall'intento di esser parte di un'aggregazione potente con la speranza di ottenere qualcosa, far carriera eccetera.
Speranza non infondata tant'è che è massone, bilderberghina, trilaterina o aspenina tutta la dirigenza italiana in tutti i campi.
'Carriere' però non facili, per cui, di fatto, salvo pochi fortunati, anche in ambito massonico la base non riceve alcunché per la sua partecipazione, sicché, più si allarga, e più viene meno la possibilità di ottenere qualcosa.
Una base che serve ai vertici per espandersi in tutti i settori e 'specializzarsi' divenendo bilderberg, trilatere, aspen eccetera, che sono delle vere e proprie organizzazioni criminali profondamente integrate nel sistema bancario e finanziario planetario e dedite allo sfruttamento della società mediante l'influire sulla vita delle genti attraverso i sistemi mediatici.
Sistemi mediatici (cosca mediatica) di cui hanno il totale controllo, e usando i quali governano il mondo nominandone i 'responsabili' politici (uomini di paglia), come Obama, Monti, Letta eccetera, che sono praticamente tutti, formalmente o di fatto, bilderberghini o di una o l'altra di queste sette, che sono collegate ed esprimono le stesse cose.
Organizzazioni all'ombra delle quali, sotto la pressione dei fini utilitaristici che sono la loro ratio di fondo, si sviluppa ogni forma di criminalità, perché è ormai di dominio pubblico che il bilderberg è dietro la strategia della tensione e le stragi, come anche Imposimato ha dichiarato che è emerso dalle carte dei processi.
Forme di criminalità tra cui anche quelle più insensate, tipo le sette massonico\sataniche, anch'esse ispirate dal desiderio di dare in qualche modo forma al potere derivante dall'essere vertici di queste organizzazioni.
Ciò che più rileva però è che tutto questo avviene sotto gli occhi dell'intera società e della magistratura, che è a sua volta zeppa di massoni e di iscritti ai vari circoli criminali sopra indicati.
Società e magistratura che sono esse stesse globalmente colluse con questo regime oltretutto idiota, perché ormai sta rovinando il mondo.
Ragione per cui, nel mentre non si ha a chi rivolgersi per contrastarlo – perché lo sostengono tutti, e anche la gente – sta però crollando da sé.
Ho scritto tre o quattro anni fa che saremmo arrivati purtroppo a sette otto milioni di licenziati solo in Italia.
Quando cominceremo ad avvicinarci ai cinque, il sistema massonico-bilderberghino comincerà realmente ad oscillare, e di lì a poco cadrà, e tutti i problemi si risolveranno.
Amen (significa «Così sia !»). - By Alfonso Luigi Marra
Video del prof. Auriti sul
Debito pubblico,
Signoraggio ed Usura dei Banchieri del mondo !
Anche se un'Islamizzazione totale dell'Europa ha
da considerarsi improbabile, agli usurocrati
sarebbe sufficiente un'Europa dove gli Europei,
ridotti a minoranza nella loro stessa terra e
terrorizzati in continuazione - con minaccia di
aggressione, stupro, ecc. - da masse Islamiche
dappertutto presenti, sarebbero ridotti a
manodopera intelligente per i padroni del denaro;
i quali, in cambio, magari offrirebbero loro della
'protezione'.
La sponsorizzazione degli usurocrati
internazionali avviene, da parte degli Stati Uniti
- e, nelle loro intenzioni, da parte dei
futuri 'Stati Uniti d'Europa' - in due direzioni
diverse: (a) facendo loro da braccio armato.
Adesso è la NATO che fa da 'goon' (13) agli
usurocrati, aggredendo militarmente tutti
quelli Stati che non si pieghino alle esigenze
delle multinazionali e di organismi tipo il
Fondo
monetario internazionale, e comunque terrorizzando
chiunque non si voglia lasciar derubare dai
medesimi; (b) garantendo lo Stato d'Israele.
I finanziocrati sono certamente i più beceri
materialisti che esistano e sono totalmente
areligiosi (almeno se alla religione si vuole dare
un significato superiore). Ma sono superstiziosi;
e nello Stato d'Israele essi vedono la 'garanzia
magica' del loro potere: solo finché quello Stato
sussisterà essi manterranno e accresceranno il
loro dominio (14).
Per il momento, la sopravvivenza dello Stato
d'Israele è garantita dall'America. La presenza
di quello Stato non manca di suscitare
risentimenti fra le popolazioni arabofone e, in
generale, nell'ecumene Islamico; ma, intanto, quel
risentimento viene scaricato sull'Europa.
L'America - lo constata il Del Valle - non ha un
passato coloniale (almeno nel Medio Oriente),
mentre le masse Islamiche vedono nello Stato
d'Israele una ripetizione degli Stati crociati
della Palestina nei secoli XII e XIII, che erano
promanazioni europee e con i quali l'Israele ha
certamente delle affinità di tipo strutturale.
Il giorno che la tutela di quello Stato dovesse
toccare all''Europa' - un'Europa nella quale la
popolazione europea sarebbe ridotta a subire il
terrore Islamico - sarebbe facile per gli
usurocrati mettere a tacere le proteste di una
parte dei musulmani (quelli direttamente colpiti).
Effettivamente, l'Islam non è qualcosa di
monolitico - contrariamente a quanto sembra
pensare il Del Valle - e la Turchia già adesso,
con la benedizione degli Stati Uniti, ha un
trattato di alleanza con l'Israele ai danni della
Siria di altri paesi arabi limitrofi. In cambio,
l'America dà mano libera alla Turchia nei Balcani,
nel Caucaso, in Asia centrale, ai danni delle
genti slave e dell'Iran (15).
A questo punto bisogna pur osservare che
l'attrazione fra anglosassoni e musulmani è
troppo viscerale per essere soltanto un calcolo
geopolitico. Ci sono delle affinità obiettive di
fondo fra protestantesimo e Islam che fanno di
queste due 'religioni' degli alleati per così
dire naturali (già quasi duecento anni fa il
pensatore cattolico Joseph De Maistre [16]
definiva il protestantesimo come "l'Islam
d'Europa" - il Del Valle, che pure conosce
bene e cita spesso De Maistre, non fa cenno di
questa sua osservazione). Di questo fatto si darà
adesso un esposto dettagliato.
Si può incominciare indicando certi conturbanti
parallelismi fra la biografia e la personalità di
Lutero e di Maometto (17). A tutti e due morì
quasi tutta la numerosa prole in tenera età; e,
in punto di morte, tutti e due si presentarono
alla folla (Maometto alla Mecca, Lutero a Eisleben
in Turingia) e domandarono se il loro operato
riscuoteva la sua approvazione (manco a dirlo, in
ambedue i casi ci furono apoteosici applausi). Ma
esatto è il parallelismo fra la concezione di
'dio' in questi due personaggi: il despota
semitico, crudele, lubrico e arbitrario,
completamente 'libero' - fino all'arbitrarietà,
quindi anche di contraddirsi, cosa che egli fa
spesso nel corano - e che ha creato l'uomo per
avere uno schiavo da terrorizzare e davanti al
quale pavoneggiare la sua scellerata potenza (18).
È il 'dio' di Abramo, quello veterotestamentario,
nella sua forma più genuina. Dopo Lutero, ci
sarebbe voluto Calvino per mettere a nudo un altro
aspetto di questo 'dio', non più
veterotestamentario, ma talmudico: egli è anche
il 'dio'-usuraio, il perfetto partner commerciale
(come lo chiamarono, senz'ombra di ironia, i
puritani inglesi del Seicento), che elargisce ai
suoi 'eletti' ricompense in denaro. Il 'dio' dei
musulmani ha in sé le caratteristiche di quelli
di Lutero e di Calvino, che a loro volta si
rifanno a una teologia di tipo veterotestamentario
e poi talmudico puro.
Sia l'Islam che il protestantesimo sono,
teologicamente, molto più vicini all'ebraismo che
al cattolicesimo, quale esso poteva essere fino a
una quarantina di anni fa. Questo è constatato e
asserito dal Del Valle; ma già a fine Cinquecento
il teologo cattolico spagnolo Sebastiàn Castellòn
(19) aveva notato la virtuale identità fra
giudaismo e calvinismo, e lo stesso è stato poi
documentato in dettaglio da sociologi ed
economisti come Max Weber e Werner Sombart. Max
Weber - citato dal Del Valle - segnalò inoltre
l'analogia fra la dittatura di Calvino a Ginevra e
quella di Maometto a Medina.
Un altro campo - del quale poco si parla - nel
quale Islam e protestantesimo si incontrano è
quello delle mutilazioni sessuali. La pratica
ebraico-Islamica (ma anche bantù e papuasica)
della circoncisione è generalizzata presso i
protestanti: oltre il 90% degli Americani sono
circoncisi (20). Ma ancora più interessante è
quanto riguarda la pratica dell'infibulazione,
detta anche cliteridectomia.
In riguardo, sia i portavoce dell'Islamismo
cosiddetto ufficiale e perbenista che tanti
Islamofili nostrani - non esclusi Franco Cardini e
Maurizio Blondet, dai quali ci si sarebbe potuto
aspettare di meglio - ci assicurano che l'infibulazione
non sarebbe una pratica Islamica ma pre-Islamica
che, in certe regioni dell'Africa, sarebbe
continuata dopo l'Islamizzazione.
Effettivamente, si
tratta di una pratica che non è di tutti i
musulmani, ma solo di una parte di loro
(peraltro molto numerosa). E quelli, fra i
musulmani, che la praticano, la considerano una
pratica Islamica per eccellenza (21). Quindi, con
buona pace di perbenisti e di Islamofili, l'infibulazione
è una pratica Islamica - anche se, sia pure
concesso, non di tutti i musulmani.
Ma sarebbe anche una pratica protestante -
anche se non di tutti i protestanti. Questa
informazione è desunta da un testo di
un'autrice femminista americana (22), del
quale c'è anche una traduzione in italiano. - La
pratica, sembra, incominciò in Inghilterra
verso la metà dell'Ottocento ma trovò il massimo
di applicazione negli Stati Uniti dove, a
voler credere a quell'autrice, viene
massicciamente praticata anche adesso. Partendo
dal presupposto che mai una donna per bene deve
godere del proprio corpo - e che l'orgasmo
femminile, secondo certi medici, è una malattia -
migliaia e migliaia di donne sono state e sono
sottoposte, negli Stati Uniti, a
quell'operazione, che spesso veniva fatta per
cauterizzazione. Particolarmente prese di mira
erano quelle infelici che si dovevano guadagnare
il pane come operatrici di macchine da cucire a
pedale; e rispettabilissime autorità mediche
raccomandavano l'infibulazione sistematica delle
ragazzine.
Una volta constatate queste straordinarie analogie
di tipo teologico e mutilazionistico fra
protestanti e musulmani, non sorprende che fra
di loro ci siano delle strettissime collaborazioni
di tipo operativo.
Si citeranno tre esempi: i primi due si
riferiscono a realtà locali limitate, ma sono
comunque molto illustrativi; il terzo si riferisce
a un processo gravido di possibili conseguenze
geopolitiche sul piano internazionale.
(a) Afganistan. Nel nord-est dell'Afganistan, c'è
una piccola zona montuosa, il cosiddetto
Kafiristan, dove un'orgogliosa popolazione di
origine indoeuropea ha resistito per oltre mille
anni ai tentativi di Islamizzazione portati avanti
dal governo afgano e proseguiti dai
fondamentalisti telebani. Essa aderisce ancora a
un sano paganesimo indoeuropeo e i loro altari
sono generalmente ornati da immagini equine.
Questi loro altari vengono segnalati ai
telebani dai missionari protestanti basati nel
vicino Pakistan - e dotati di elicotteri e di
moderne tecnologie di telecomicazioni -; ed i
telebani procedono a distruggerli.
(b) Nuova Guinea. Nel cosiddetto Irian occidentale
- quella parte della Nuova Guinea che sottostà
all'Indonesia musulmana - esiste un importante
movimento indipendentista locale che si riconosce
come pagano - quindi antimusulmano (e
anticristiano). Le missioni protestanti annidate
nella zona, che possiedono piste d'atterraggio
proprie e ogni sorta di agevolamenti del governo
americano, fanno da punti d'appoggio e di
informazione per le truppe musulmane indonesiane
che conducono la repressione contro gli
indipendentisti.
(c) Iberoamerica. L'Iberoamerica (che varrebbe da
'serbatoio della cattolicità' a livello mondiale)
sta incominciando, lentamente ma irreversibilmente,
a Islamizzarsi (23); e a fare da portiere
all'Islam in quelle terre è il protestantesimo.
L'attività missionaria americana ha fatto sì che
la popolazione di colore si stia massicciamente
protestantizzando (cattolici, almeno nominalmente,
rimangono i bianchi). Secondo dati pubblicati
dalla stampa cattolica tradizionalista (24), forse
fino alla terza parte dell'Iberoamerica è adesso
protestante, e la proporzione cresce
continuamente. Dietro ai protestanti, vengono i
musulmani: anche in Iberoamerica Geova fa da
battistrada ad Allah. - A titolo di curiosità,
quando, nel 1616, i musulmani furono espulsi dalla
Spagna, ci fu chi propose di spedirli in America.
Questo non fu fatto perché si rischiava la
formazione di uno Stato Islamico in America che,
in combutta con i Turchi, chi sa quali problemi
avrebbe suscitato. Questa prospettiva adesso si
ripropone, con quattrocento anni di ritardo.
C'è un ultimo aspetto del fenomeno 'Islam' che
secondo me è molto importante - il Del Valle, al
solito, lo ha visto, ma non sembra dargli
l'importanza che merita. Si tratta del fatto che
negli ultimi 20 - 25 anni l'Islam è diventato il
cavallo di battaglia del risentimento del Terzo
Mondo verso la razza bianca. - I gruppi “rap”,
negli Stati Uniti e in Francia, già inneggiano al
futuro sterminio dei bianchi (25), senza che
alcuno abbia alcunché da ridire. Questo, in
fondo, non dovrebbe sorprendere: esso rientra
nella logica dei monoteismi (26), secondo la
quale agli abbietti, agli inetti, a coloro che non
valgono niente si lancia un salvagente con il
quale riscattare la propria 'dignità': basta che
si collochino nel campo dei 'giusti' - degli 'eletti',
per nascita o per conversione.
L'Islam, una forma particolarmente estrema e
semplicistica di monoteismo, è la religione fatta
su misura per i risentiti e gli abbietti del Terzo
Mondo, incapaci e carenti di volontà per fare
alcunché per migliorare la propria sorte e che in
compenso hanno sviluppato un odio senza limiti per
chi è irraggiungibilmente migliore di loro.
(L'Iberoamerica, popolata in massima parte da
genti di colore, s'è visto come si stia
Islamizzando nel modo più naturale.) A ciò aiuta
molto la qualità di missionarismo aggressivo
propria dell'Islam: il vero Islam (questo lo nota
il Del Valle) - cioé quello più conforme agli
insegnamenti originali di Maometto - è
fanaticamente aggressivo. Una sfaccettatura di
questa aggressività (prima di passare a misure più
radicali) è l'impegno con cui i musulmani
innalzano moschee dappertutto dove essi si vengano
a trovare e siano in numero sufficiente per far
sentire la loro voce.
Adesso, la costruzione di
moschee è finanziata di massima dall'Arabia
Saudita, pupilla dell'occhio destro dell'America,
e a queste iniziative fanno da lenoni i 'governi' europei,
anch'essi al servizio della
finanza
internazionale. Fra poco, a quanto si dice,
una moschea sorgerà anche a Venezia.
Questo aspetto dell'Islamismo non manca di avere
riflessi anche in America. Le masse bantù degli
Stati Uniti - una volta protestanti, per
l'esattezza battiste - si stanno Islamizzando a
ritmo galoppante e hanno trovato come dirigente un
elemento parecchio furbo, Louis Farrakhan. Questo,
dovrebbe preoccupare le autorità 'americane', ma
non sembra che lo faccia più di tanto. Qui si ha
probabilmente da ravvisare un altro indizio del
fatto che l'America, in fondo, è già stata
'scaricata' - per uno sconosciuto ma non
lontanissimo futuro - dagli usurocrati, che già
puntano sull'Europa - un'Europa denaturata,
americanizzata, sottoposta al terrore Islamico,
che servirà loro da strumento di potere fino a
quando terrà (27). Dopo, Geova - o, magari, Allah
- provvederà.
Sono consapevole che le tesi proposte sono
provocatorie - ma sono basate su della
documentazione ineccepibile. L'intenzione,
comunque, era che queste tesi fossero
provocatorie, perché attraverso la
provocazione si riesce spesso a scuotere la gente
e - in certo e qual modo - a costringerla a
pensare con la propria testa.
La mia speranza è che questo esposto sia servito
a che qualcuno si ricordi di avere una testa sulle
spalle; perché chi pensa è il più grande
nemico dell'imperante sistema.
Bibliografia:
(1) Alexandre Del Valle, L'Islamisme et les Etats
Unis, L'age d'homme, Lausanne, 1997.
(2) MIchel Bugnon-Mordant, L'Amérique totalitaire,
Favre, Lausanne, 1997.
(3) John Kleeves,
Un paese pericoloso, Barbarossa, Milano, 1999;
Vecchi trucchi, Il Cerchio, Rimini, 1991;
Sacrifici umani, Il Cerchio, Rimini, 1993.
(4) L'Inghilterra è al 60% 'anglicana'. Ma la
storia di quell'isola dimostra che gli anglicani,
pure maggioranza, furono sempre un elemento
singolarmente passivo nel determinare il destino
del loro paese, che fu invece conteso fra
cattolici e calvinisti.
(5) Cfr. per es. John Kleeves, Un paese
pericoloso, cit.
(6) Cfr. Silvio Waldner, USA, Iberoamerica, Sud
Africa, tre messe a punto, di prossima
pubblicazione.
(7) Conferenza del dott. Dragos Kalajic,
presidente dell'Istituto di geopolitica di
Belgrado, ad Altavilla (Vicenza) il 13.11.99.
(8) Si consulti, per es., Carlo Pascal, Dei e
diavoli, I Dioscuri, Genova, 1988.
(9) Cfr. per es., Herman Varahmian, "La donna
sole", rivista "Federico Maria
Ricci" di Milano, n.116, giugno 1996.
(10) Cfr. per es. l'introduzione di Giuseppe Tucci
al Libro tibetano dei morti, UTET, Torino, 1972.
(11)
Richard Eichler, Der Widerkehr des Schönen,
Grabert, Tübingen, 1984.
(12) Cfr. L. F. Clauss, Rasse und Seele, Lehmann,
München, 1941. Una
traduzione italiana sarà prossimamente pubblicata
dalle Edizioni di Ar (Padova).
(13) I 'goons' erano dei picchiatori a pagamento
che, in America ai tempi della rivoluzione
industriale, venivano utilizzati dagli
imprenditori per sfasciare le manifestazioni,
sindacali o di altro tipo, degli operai, a cui
venivano pagati salari da fame.
(14) Di utile consulta il libro di Maurizio
Blondet, I fanatici dell'apocalisse, Il Cerchio,
Rimini, 1995.
(15) Già alla fine della prima guerra mondiale la
Turchia era stata trattata con guanti di seta.
Costantinopoli, promessa alla Grecia nel momento
della sua entrata in guerra nel 1916, rimase
turca.
(16)
Nelle sue Soirées de Saint Pétersbourg.
(17) Cfr. Mircea Eliade, Histoire des croyances et
des idées réligieuses, Payot, Paris, 1984.
(18) Una
descrizione calzantissima di questo 'dio' è stata
fatta dal Conte di Lautréamont nei suoi Chants de
Maldoror.
(19) Citato da Georges Batault, Aspetti della
questione giudaica, Ar, Padova, 1983.
(20) Cfr. John Kleeves, Un paese pericoloso, cit.
(21) A titolo informativo, in Italia ci sono quasi
40.000 donne di colore e di religione musulmana
che sono infibulate.
(22)
Marilyn French, The war against women, Summit,
Nuova York, 1992; traduzione italiana edita da
Rizzoli, Milano, 1993.
Un
buon riassunto di questo libro è stato dato da
Paolo Poggi nel numero di ottobre 1999 della
rivista "Orion" di Milano.
(23) Dei dati interessanti sono esposti, per
esempio, da Luiza Toscane nel suo L'Islam, un
autre nationalisme ?, L'Harmattan, Paris, 1995. Ma
qualche interessante articolo incomincia ad
apparire sulla stampa quotidiana.
(24) Cfr. la rivista "Civitas
Christiana" di Verona.
(25)
Cfr. Guillaume Faye, L'archéofuturisme, L'Aencre,
Paris, 1999.
(26) Lo sviluppo
e la struttura del fenomeno monoteista non sarà
qui affrontato, perché porterebbe troppo lontano.
È intenzione del relatore quella di farlo in un
suo futuro esposto.
(27) Forse il pubblico sarà a conoscenza che,
oltre alla Turchia, anche la Tunisia e l'Israele
sono candidati per entrare in 'Europa'. In
riguardo a quest'ultima candidatura, valgono due
osservazioni: (a) una volta in 'Europa', l'Israele
la utilizzerà per disfarsi dei Palestinesi,
trasferendoli, appunto, in Europa; (b) erano
decenni che si diceva che l'Israele avrebbe dovuto
divenire l'ennesimo Stato dell'Unione americana,
dopo di che sarebbe stato in una 'botte di ferro'.
Invece non se ne fece niente, e adesso l'Israele
vuole entrare in 'Europa', la quale, ovviamente,
è considerata un posto più sicuro. Qui ha da
ravvisarsi un altro indicatore del fatto che 'chi
di dovere' ha già 'scaricato' l'America.
By
WP
-
Tratto
da:
stormfront.org
Continua in:
Denaro mondiale +
Denaro Illegale +
Sovranita' monetaria +
Sistema monetario +
Raggiro del debito "pubblico"
+
Schiavi delle banche
IMPORTANTE
La Banca d’Inghilterra conferma attraverso il
documento (dettagliatissimo in lingua originale)
raggiungibile al link sottostante, la creazione
di denaro dal NULLA attraverso la riserva
frazionaria e il signoraggio bancario in mano a
banche private e autorizzate dalle banche
centrali anch’esse di proprietà delle suddette
banche in percentuale più o meno variabile:"
http://www.bankofengland.co.uk/publications/Documents/quarterlybulletin/2014/qb14q102.pdf
In più, quest'altro link come ulteriore, robusta
conferma:
http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/mar/18/truth-money-iou-bank-of-england-austerity
AVVISATE TUTTA LA POPOLAZIONE CON QUESTO VIDEO,
FATELO GIRARE ALL'INFINITO !!
Che sappiate o meno che cosa sia, il Fondo di
Redenzione Europeo (E.R.F.) ci rovinerà la vita
per i prossimi 20 anni !!
vedi e'
IMPORTANTE:
http://attivo.tv/player/documentari/i-media-stanno-censurando-allintera-popolazione-un-nuovo-trattato-europeo-sconvolgente.html#sthash.4QWK6rLY.dpuf
EURO FALSO: TUTTI I DEBITI CONTRATTI CON LE
BANCHE SONO ANNULLABILI !
Nel contrato non è scritto chi è il proprietario
della moneta….quindi: chi è il creditore ? chi
il debitore ?...e per cui TUTTI i debiti sono
nulli “tutti i debiti contratti con le banche
sono infatti annullabili”.
“Il sillogismo è semplice: siccome le banche
evitano di iscrivere in contabilità, a
patrimonio netto, la quota annuale di denaro
virtuale che creano dal nulla, è evidente che lo
considerano esse stesse “denaro falso“.
I debiti contratti con denaro falso ovviamente
non sono giuridicamente validi.”
Ecco quindi che, se non tutti in generale,
almeno quei debiti che implicano come creditore
o controparte una banca, devono essere
considerati nulli dalla nascita !
In sostanza, parafrasando, se il denaro non
risulta “battezzato” contabilmente alla nascita
certificandone l’origine, non può godere dei
diritti civili.
Tratto dal testo dell’economista Nino Galloni,
IL FUTURO DELLA BANCA, da dove si impara che la
contabilità bancaria attuale è completamente
falsa.
INOLTRE
Interrogazione UE con richiesta di risposta
scritta E-000302/2012 alla Commissione Articolo
117 del regolamento
Marco Scurria (PPE)
Oggetto: Natura giuridica della proprietà
dell’euro
In risposta ad un’interrogazione scritta sul
medesimo tema presentata dall’on. Borghezio
fornita il 16 giugno 2011, la Commissione
informa il collega che “al momento
dell’emissione, le banconote in euro
appartengono all’Eurosistema
e che, una volta emesse, sia le banconote che le
monete in euro appartengono al titolare del
conto su cui sono addebitate in conseguenza”.
Può la Commissione chiarire quale sia la base
giuridica su cui si basa questa affermazione ?
Risposta: Olli Rehn non fa altro che ribadire
che dopo l’emissione, ossia dopo la creazione
fisica delle banconote o più verosimilmente
dell’apparizione in video delle cifre sui
terminali dell’Eurosistema (totalmente a costo
zero, se si esclude l’energia elettrica che
mantiene accesi i computers…) la proprietà dei
valori nominali appartiene al nuovo
proprietario.
....e se uno e' proprietario del denaro, non
puo' essere contemporaneamente debitore, dato
che il denaro precedentemente all'emissione nei
fatti apparteneva al NULLA.....e non alla banca ! e quindi e' al NULLA che semmai va reso....
Guardate cosa afferma il Consiglio Direttivo
della Banca Centrale Europea – BCE
- (Tratto dal sito ufficiale www.ecb.int)
nel loro documento: “Decisione della Banca
Centrale Europea del 6 dicembre 2001 relativo
all’emissione delle banconote in euro”, al comma
3: “L’emissione delle banconote in euro non
necessita di essere soggetta a
limiti quantitativi o di altro tipo, visto che
la immissione in circolazione di banconote è un
processo indotto dalla domanda.”
Tratto da:
http://www.ecb.europa.eu/home/html/index.en.html
Commento NdR: L'Eurosistema
e' nei fatti di proprieta' di PRIVATI cosi come
le varie Banche Centrali Nazionali dei paesi
aderenti alla UE, quindi tutto il sistema
bancario europeo e' in mano ai privati cosi pure
come l'emissione della moneta (denaro)
Ricordiamo a tutti che le Banche facendo sorgere
dal "nulla" (che non esiste, per proprieta'
intrinseca) il denaro, esse lo "prendono" dal
TUTTO presente ed esistente SOLO ed UNICAMENTE
nell'INFINITO,
e ce lo accreditano nel nostro conto corrente di
cui siamo proprietari e non debitori;, se noi
chiediamo ad esse di darci un credito, quindi
trattasi di DONAZIONE dell'Infinito a tutti noi,
che le Banche ci RUBANO e ci chiedono pure gli
interessi, I banchieri e le banche, sono dei
veri e propri CRIMINALI, protetti dalle leggi
inique degli "stati" (a loro volta aziende
private) loro servi, perche' i Banchieri
immettono, sponsorizzano o pagano, i "loro"
uomini politici e non, nei posti chiave degli
stati, per ottenere cio' che vogliono... da
questi ultimi, alla faccia del popolo che rimane
in TOTALE
schiavitu'
!
Quindi:
Cari amici e lettori, dovete rendervi conto che
quando andate a chiedere un "prestito" ad una
banca...voi subite un FURTO da parte della
banca, perche l'emissione del denaro viene
effettuata dal NULLA (che e’ al massimo di
proprieta’ dell’INFINITO),
sul vostro NOME e COGNOME; la banca non lo
emette/accredita sul suo proprio conto corrente
e poi gira la cifra a Voi con un bonifico dal
proprio conto, ma lo accredita direttamente sul
Vs conto corrente, e quindi siete voi gli UNICI
proprietari del denaro, cosi come ha confermato
recentemente anche la UE, in una risposta ad una
interrogazione fatta su: chi e' il proprietario
del denaro..?
Se il denaro viene emesso sul vs NOME e COGNOME,
significa semplicemente che e' VOSTRO e NON
della banca, e siccome viene emesso dal NULLA
(di proprieta’ dell’INFINITO
e non della banca), quindi e’ a credito NON a
debito ….. la banca non ha NESSUN titolo, ne’
diritto, per chiedervi di restituire il capitale,
che non e’ mai stato suo, ne' tanto meno di
richiedere degli interessi su di un capitale che
nei FATTI e' SOLO VOSTRO all’atto della
emissione fatta per mezzo del vostro NOME e
COGNOME, infatti non puo’ mai dimostrare di aver
avuta la proprieta’ del denaro che e’ stato
emesso sul vs conto corrente !
Inoltre le leggi italiane e quelle dei vari
paesi occidentali, sui “prestiti”, confermano
che: se un soggetto non e’ proprietario di un
bene non puo’ prestare nulla, anzi se viene
attuato, diviene un’atto illegale.
Qui siamo alla totale follia illogica bancaria,
per tentare di legalizzare un FURTO !
In piu’ le banche, una volta sottratto il VOSTRO
denaro, con la vostra firma, su di un modulo
prestampato e senza la firma dell’amministratore
della banca …. essa lo immette nel proprio
bilancio, nei debiti, e non nei crediti, come
sarebbe se fosse tutto regolare oltre ad essere
logico amministrativamente, (cosa che non e’,
commettendo un falso in bilancio) ma e cosi,
non solo non paga neppure l’iva sul servizio, ma
non paga neppure le tasse allo stato…perche’
trattasi di un “debito”….ecco perche’ le banche
dichiarano sempre un bilancio facilmente in
passivo od a zero….
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